domenica 8 febbraio 2015

Su la maschera!



Il Carnevale, festa che pare risalga addirittura a 4000 anni fa, è un tema molto frequentato in materia di saggi, storiografici, antropologici e filosofici. Mescola insieme radici pagane, contadine, celtiche, religiose, mediterranee. La storia medievale, che è quella più diffusa, cita i primi riferimenti a questa festa alla fine dell'anno 1000, grazie ad un documento del doge di Venezia. Nel periodo da ottobre fino alla fine di febbraio, popolari e nobili in maschera si mescolavano per calli e campielli, amalgamandosi in una massa indistinta e uguale che annullava le rigide distinzioni sociali e creando spesso scompigli che indussero le autorità a vietare di coprirsi il volto (per permettere il riconoscimento). Gli aspetti di questa bellissima festa sono variegati e complessi e tutti in subordine rispetto all'idea principale che la anima: la "sospensione". Giorni di festa in cui non si lavora, in cui la routine è rotta e, soprattutto, rovesciata; l'ordine costituito sovvertito, trasgressione, eccessi ed infrazioni consentiti. Il contesto ludico rappresentava l'unico momento rigenerante per un popolo spesso oppresso da una società immobile e rigida, profondamente ingiusta e non egualitaria: non a caso l'assolutismo monarchico, il clero e la nobiltà pur ammettendolo (una apparente libertà controllata e limitata a pochi giorni in un anno aiutava comunque a conservare un equilibrio sociale a loro favorevole) hanno tenuto in forte antipatia il Carnevale. Un tempo dell'anima che celebrava, nell'antichità, la rinascita e la rigenerazione della fine dell'inverno; un universo simbolico di licenze, di distruzione di un ordine opprimente, di caos liberatorio, dove indossare un volto che non fosse il proprio significa tanto celare la propria reale condizione quanto assumerne un'altra agognata.



Maschera e riso sono due potenti simboli sovversivi e oggi, ancora oggi e più che mai oggi, val la pena ricordarsene. Mutare aspetto, fingersi ciò che si vuole e non ciò che si deve, sbellicarsi dalle risate per spazzare via e alleggerire, scaricare ansie e frustrazioni, esorcizzare paure e fobie: una drammatizzazione che andrebbe favorita non solo ... semel in anno.


Per questa terapia collettiva ringrazio le seguenti letture, che in realtà mi accompagnano ormai da una vita, e non smetto, per mille motivi, di leggere e rileggere:

"L'opera di Rabelais e la cultura popolare", Michail Bachtin (1965);

"Totem e Tabù", Sigmund Freud, 1913;

Mircea Eliade, "Il mito dell'eterno ritorno", 1949;

"Il ramo d'oro", James George Frazer, 1915.

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