mercoledì 28 maggio 2014

Bibliopillola n. 7 Contro la stanchezza

Ci sono giornate in cui la stanchezza ti divora. Ti consuma da dentro, ti rende passiva, riottosa, ti lega per terra con due blocchi di cemento per piedi, il cuore gonfio e la testa svuotata. Ci sono giornate che arriva la sera e ti chiedi come sia successo, che ti svegli al mattino e ti sembra di non aver dormito affatto, ore di non-riposo trascorse in un irrequieto dormiveglia in cui si confondono incubi da desta e sogni che nemmeno riesci più a fare. Una stanchezza che ti chiedi perché, conseguenza di attività che spesso e con sgomento ti ritrovi a considerare marginali, rispetto a quelle che davvero vorresti ti stancassero, se non addirittura inutili, stupide. Sprechiamo noi stessi e il nostro tempo a sbrigare incombenze, faccende e iter assolutamente monotoni, alienanti, incredibilmente lontani da quello che vorremmo realizzare di noi attraverso il lavoro. Una stanchezza avvilente e mortificante.
Ecco, questo è uno dei malanni che più mi affligge, da qualche anno a questa parte. E nonostante gli occhi alla sera brucino e le palpebre calino con pesantezza, mettermi a leggere mi dona quell'ora di quiete che è molto simile ad un appagamento, una sorta di risarcimento per un pezzettino di vita che sento con un nodo alla gola irrimediabilmente sacrificato.
Mentre mi arrabattavo dietro il bancone della farmacia ho pertanto pensato stasera ad una prescrizione complessa, una confezione multipla; perché mi è capitato di ascoltare opinioni contrastanti su quali generi, autori e testi possano risollevare dalla stanchezza.
C'è chi preferisce una leggerezza consapevole, che soffi aria fresca in una mente intasata per distrarsi: un po' come sedersi all'ombra di un bell'ulivo in un pomeriggio di canicola.
Chi invece non si rassegna a leggere qualcosa di meno impegnato e nella complessità di stili letterari forti, fra le parole di personaggi umani e anche sofferenti, trova un coinvolgimento emotivo e artistico che comunque svaga.
Chi ha assolutamente bisogno di parole che incollino alle pagine, di trama ed emozione, della scarica adrenalica dei gialli, ad esempio.
Chi infine (ma non ultimo) deve sbrigliare la fantasia verso luoghi immaginari e racconti chimerici, abitando castelli, Terre di Mezzo o foreste popolate da unicorni.
Dunque tante prescrizioni stasera, contro la stanchezza: scegliete voi la bibliopillola che più vi aggrada, che più vi è consona.
E riposate membra e pensieri facendovi trasportare in tutte quelle vite che potete fare, comunque, vostre.

Ali di Babbo, Milena Agus, Nottetempo.
Semplice, ma non banale; leggero ma non superficiale. Fresco come il vento della Sardegna, racconta l'incanto di un adolescente che forte della propria spontaneità inizia ad affrontare anche le crudeltà della vita. Fiaba contemporanea. Addolcente.







Trilogia di Fabio Montale, Jean Claude Izzo, e/o.
Un poliziotto marsigliese, un uomo che vive un rapporto passionale, nel bene e nel male, con la sua controversa città, porto dannato e maledettamente bello, metafora di un mondo che è uguale ovunque e che a prescindere dagli occhi con cui lo si guardi regala ad un certo punto della vita di chiunque una lucidità disincantata ma mai rassegnata. Noir mediterraneo. Umano.








Il collezionista di ossa, Jeffery Deaver, Sonzogno.
Lincoln Rhyme è un criminologo divenuto tetraplegico coinvolto in un'indagine su un assassino efferato.
Ritmo incalzante, tempi serrati, una lotta contro la crudeltà e le limitazioni del protagonista. Corroborante.







Il Signore degli Anelli, J.R.R. Tolkien, Rusconi.
Un mondo immaginario in un tempo immaginario, hobbit, elfi, anelli del potere, una saga che incanta da quasi un secolo, il potere salvifico della fantasia. Epico.

domenica 18 maggio 2014

Libri sul comodino

Che i libri siano un sostegno (in molteplici sensi) è uno dei presupposti su cui si basa l'esistenza stessa della nostra farmacia.
Ci fanno compagnia: un pomeriggio di pioggia, una serata in casa, una domenica di relax, un periodo in cui abbiamo un po' di vuoto intorno (poiché capita, no?).
Ci concedono di distrarci: pensieri fissi, problemi pressanti, angustie, se ci immergiamo in una buona lettura si sfocano concedendoci respiro.
Possono anche 'curarci', come si scrive da qualche anno.
Spesso penso che se non avessi i miei libri sempre lì, sul comodino, mi sentirei anche peggio a conclusione di giornatacce: la prospettiva di mettermi a letto, accendere il lume, sistemarmi cuscino e coperta, inforcare gli occhiali e aprire il testo di turno ... beh, è un integratore naturale di serotonina.
Mi rilassa, mi ripaga, mi conforta.
Leggere prima di addormentarmi mi disegna un fumetto alla Rossella O'Hara sulla testiera del letto: domani è un altro giorno.
E' come premere un interruttore e ritrovarsi in un'altra dimensione, riconoscendo le nostre passioni in altre vite, altre storie, spartendoli con altri personaggi, empatizzando con loro e già solo in questo trovarne sollievo;  predispone la mente a simpatizzare nei confronti di altre possibilità, di ruoli, di scelta, di azioni, di sviluppi.
I titoli di passaggio nella mia camera da letto spesso dicono molto del periodo che sto attraversando.

Avremo modo di discutere insieme, di lavorare anche, oltre che di confrontarci, sulla biblioterapia.

Nel frattempo.... voi, che libri avete sul vostro comodino, stasera?

E.

domenica 11 maggio 2014

Bibliopillola n.6: Per le figlie che diventano madri

Mentre riflettevo sui post precedenti ho guardato il calendario e la ricorrenza odierna ha provocato un corto circuito. Ho pensato a quanti tipi di madre esistono: biologiche, genetiche o semplicemente donne che prestano cura, crescono, insegnano, sostengono, amano. Figli, alunni, pazienti, nipoti, bambini, adolescenti.
La radice sanscrita della parola madre ha il significato primario di "misurare, preparare, formare". Da questa deriva poi il termine matr (mater in latino), "colei che ordina e prepara". 
Appunto.
Qualche mia sinapsi attivandosi ha estratto da un cassetto encefalico una delle più belle figure di madre che appartengono alla letteratura (che ho letto):
Clara Del Valle Trueba. Una donna singolare, con un curioso rapporto con le parole e un mondo incantato che frequenta insieme alla sua stessa realtà; madre di Blanca, nonna di Alba. Tre nomi di luce, un inno alla trasparenza e alla chiarezza delle vite semplici ma non per questo superficiali o leggere.
Il libro è La casa degli Spiriti di Isabel Allende: una saga familiare raccontata attraverso tre generazioni di donne sudamericane dai primi decenni del secolo scorso fino alla guerra cilena. Non è un libro facile da descrivere, fosse pure per raccontarne la trama: va letto e basta. Clara, creatura delicata e potente, concreta ed eterea, racchiude in sé per elargirle a tutti coloro che la circondano quelle che a mio parere sono le tre doti fondamentali di qualsiasi tipo di madre:
Coraggio, per far da scudo e proteggere finché si impari a sopportare e tollerare da soli;
Amore incondizionato, perché solo questo fortifica;
Magia, per non perdere mai il sorriso, la curiosità, per non adattarsi mai a nulla di normale, per osare sempre e non rassegnarsi mai, per vivere in modo speciale anche le giornate più banali (la magia in realtà insegna che non esistono giornate banali), per credere sempre in qualcosa di più, di altro, di tanto certo quanto sfuggevole. Perché ogni madre è allo stesso tempo potente, istintuale, ma anche terrorizzata da paure, insicurezze, stereotipi. Perché non c'e niente di più realisticamente sovrannaturale della vita stessa.
[Clara] non credeva che il mondo fosse una Valle di lacrime, ma al contrario una burla di Dio, sicché era stupido prenderlo sul serio, se Lui stesso non lo faceva.


giovedì 8 maggio 2014

Bibliopillola n. 5 - Confezione famiglia



Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo
Iniziava in questo modo Tolstoj il suo racconto delle vicende familiari e romantiche di Anna Karenina e, pur portandomi dentro un pezzetto di Anna, concordo solo in parte con il punto di vista dell'Autore.
Perché, seppure convinta che ogni famiglia sia infelice a modo suo, sono altrettanto convinta che le famiglie felici siano semplicemente famiglie che hanno trovato la loro personale strategia per affrontare l'infelicità, fosse pure quella di negarla.
Il commento di Nina al post La cura di qualche giorno fa mi ha fatto riflettere parecchio: sull'utopia della famiglia mulinobianco, sull'estrema mobilità di quelli che ognuno di noi considera i confini della propria famiglia (dal nucleo minimo della coppia ad intere e vaste generazioni), sul fatto che molti di questi legami, imposti, finiscano spesso per appesantirsi di sensi di colpa, ricatti morali, dispetti e vendette che finiscono per trasformare le relazioni in catene e avvelenare quel poco di vita che abbiamo.
E alla fine del giro torno sempre lì: le aspettative. Quanto è enorme il bagaglio di cose che ci aspettiamo, desideriamo, vorremmo dagli altri.
... vorrei che mio padre mi avesse dato questo, che mia madre avesse fatto quest'altro, che i miei cugini fossero così o i miei fratelli cosà...
Sono le aspettative a rovinarci la vita. Non possiamo fare a meno di averne, ma se solo provassimo a vedere che sono "cosa nostra", parte di noi e non dell'altro, forse potremmo iniziare a vedere l'altro per quello che è: un essere umano, fallibile, imperfetto, tanto quanto noi, che non può fare a meno di essere quello che è. 
Anche se noi vorremmo qualcosa di diverso.
Un viaggio dentro se stessi complesso, lungo e difficile.

La letteratura è ricca di saghe familiari, perle di letteratura, a volte pesanti sia per peso cartaceo che per le vicende ed i temi narrati ed affrontati, ma per questa bibliopillola ho scelto una strada diversa, proprio con l'intento di alleggerire, di provare a spezzare qualche catena, o almeno provare a portarla con maggiore freschezza. Ho scelto un libro che si fonda sulla ricerca a tutti i costi di legami familiari che mostra alla fine che, a volte, questi legami... vabbeh! Un bicchier d'acqua e giù!

La bibliopillola n. 5, per Nina e per chiunque abbia una famiglia :D
Le luci nelle case degli altri, Chiara Gamberale

martedì 6 maggio 2014

Bibliopillola n. 4 - Pillola Rossa


In seguito alla pubblicazione del post precedente, al bancone sono arrivate alcune richieste. Alcune esplicite, altre meno. Ad ogni modo, il primo preparato é disponibile.
É una bibliopillola che serve a favorire un regolare ritorno a se stessi, che é il punto di partenza di ogni cura. E ci é stata suggerita da chi ha scritto che non trova spesso un libro adatto a sé. E nemmeno glielo regalano.
Abbiamo pensato che forse bisognerebbe cercare meglio: il che presuppone di sapere che cosa si sta cercando.
Abbiamo anche pensato che potrebbe essere necessario mostrare qualcosa di più di sé, agli altri, per diventare oggetto di cura.
Paradossalmente, mentre rimestavamo i nostri galenici, mi é venuto in mente, prima di un libro, un film.
"Immagino che in questo momento ti sentirai un po' come Alice, che ruzzola nella tana del bianconiglio [...] Hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede, solo perché aspetta di risvegliarsi! E curiosamente non sei lontano dalla verità [...] Dovrai scoprire con i tuoi occhi qual é. È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resta nel paese delle meraviglie e vedrai quant'é profonda la tana del bianconiglio!" 
Morpheus (Lawrence Fishburne), The Matrix, Andy e Larry Wachoski, USA, 1999
La citazione é Alice nel Paese delle Meraviglie, fiaba più che nota: ma la bibliopillola segue Lewis Carroll oltre, Attraverso lo specchio.

Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò è un romanzo fantastico del 1871 scritto dal matematico e scrittore inglese Charles Lutwidge Dodgson con lo pseudonimo di Lewis Carroll, come seguito de Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. Meno noto di quest'ultimo,  é un racconto complesso, zeppo di allusioni, citazioni, giochi di parole, riferimenti a proverbi, nonsense.
É la metafora fantastica di un viaggio alla ricerca di se stessi che si può compiere solo riflettendosi in qualcos'altro .... O qualcun altro.
Al di là dello specchio Alice trova tutti i personaggi delle sue filastrocche preferite, che riescono a prendere vita solo specularmente, al contrario, come tutto ciò che é riflesso. É una lettura surreale, a tratti assurda, ma insegna che bisogna essere disposti a rovesciarsi per comprendersi. Ad attraversare la superficie liscia che contorna la nostra realtà. Quando si torna indietro, ci si conosce un po' di più e questo sicuramente può servire a guardare (e guardarsi) diversamente (ne)gli occhi degli altri.

domenica 4 maggio 2014

La Cura

Riflettevo sulla Cura.
Interessamento solerte e premuroso che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività. Così chiosa il vocabolario Treccani. 
Provvedere alle necessità e alla conservazione di qualcuno. 
Prestare riguardo e attenzione, impegno, zelo e diligenza
Quante parole belle: suoni che evocano, se li ripeti scandendoli sillaba per sillaba visualizzi una casa, un fuoco acceso e una coperta rimboccata, un sorriso, un abbraccio, un regalo, una stretta forte, un riparo. Ma constato con riluttante amarezza che abbiamo imparato ad accontentarci della loro eco. Abbiamo dismesso i panni di chi si adopera, si fa carico, si occupa dei propri cari: é qualcosa che richiede fatica, vera, fisica, ma anche applicazione, concentrazione, meticolositá. Non sappiamo più stare attenti alle persone che ci circondano e alle quali teniamo: diamo tragicamente per scontata la loro benevolenza, oltre che la loro presenza.  Riteniamo che una volta allacciati, i legami si tengano annodati da sé per sempre. Smettiamo di sforzarci, dimenticando che tenere a qualcuno é un impegno costante. Dovremmo anzitutto tornare ad osservare: non ci accorgiamo più di come vediamo le persone intorno a noi, dei loro gesti, delle espressioni, dei cenni. Non le ascoltiamo perché non parliamo, ci limitiamo a scambiare informazioni. Finiamo a poco a poco con il frequentarle a margine, con il vivere alle loro periferie. 
La Cura é uno dei motivi per cui mi ritrovo dietro questo bancone. Scegliere un libro per qualcuno é un atto forte di premura, un onere che richiede impegno e attenzione, significa dedicargli del tempo perché stia meglio grazie a noi. É un atto d'affetto. Una 'terapia' così come la intendeva Ippocrate: il padre della medicina sosteneva che questa consistesse tanto nel tocco, quanto nel rimedio e infine nella stessa parola: una pacca sulla spalla, un tazza di cioccolata calda e un discorso serio fra amici. Anche da leggere. 

E.

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