giovedì 25 dicembre 2014

E Buon Natale!




Buon Natale dal nostro bancone!
Vi auguriamo serene giornate di festa e tanto relax ...
E sotto l'albero tanti bei pacchi che stamattina scartiamo con voi: abbiamo selezionato alcune fra le uscite editoriali più interessanti del primo mese del 2015.

A presto per un anno nuovo libridinoso!
Emma&Valeria


Erri De Luca - 'La parola contraria'

Mesi fa, è stato incriminato dalla Procura di Torino per aver dichiarato pubblicamente che la TAV in val di Susa andava sabotata, e che lui stessa aveva partecipato ad azioni di sabotaggio. Lo scrittore aveva promesso che avrebbe raccontato la vicenda giudiziaria in un libro. Che è questo. Brevissimo, come al solito: una sessantina di pagine. Le tifose e i tifosi di De Luca lo trovano in libreria dal 14 gennaio.

Erri De Luca La parola contraria
(Feltrinelli)
64 pagine.

venerdì 28 novembre 2014

Lettore, ho bisogno di un libro! Il Book Swap di Apoteche

Chi consiglia un titolo particolare a un amico, per aiutarlo a uscire da una sua crisi privata ha già espresso una diagnosi e indicato un farmaco, ne conosce gli effetti collaterali, sa che possono variare dalle vertigini alle lacrime, ma è consapevole che la lettura è una febbre che ci fa guarire dal resto. (Fabio Stassi)
Sono passati poco più di 6 mesi da quando aprivamo al pubblico il bancone della Farmacia Letteraria con il nostro “Noi la vorremmo così” e con le parole di Fabio Stassi.
Sei mesi passati a leggere, scrivere, ascoltare, conoscere, ideare, progettare, scambiare, ma anche sei mesi passati a rimandare, aspettare, rimuginare, affrontare, boccheggiare e frustrarci per non aver potuto fare di più.
È tempo di bilanci e la bilancia ci dice che questo angolino ci piace, voi che ci seguite ci piacete, l'idea che scalda questo posto ci piace e allora per rinforzarci un po', ma anche per entrare un po' più in contatto con chi ci segue qui e su facebook abbiamo provato a pensare a cosa ci piacerebbe e quel che ne è venuto fuori è che ci piacerebbe fare qualcosa con voi.

mercoledì 26 novembre 2014

Bibliopillola n.10: Contro la violenza




Questa bibliopillola è una poesia; perché la lirica concisione di questi pochi versi mi é sembrata un gioiello raro, di una bellezza così immediata da dare gioia agli occhi e al cuore riversandola in un sorriso che è la risposta.

Quella da dare alla violenza.
Ieri si celebrava la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, designata nel 1999 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Quindici anni or sono, eppure resta imperterrita argomento di cronaca, vissuto quotidiano, straziante attualità. Una battaglia. Ma va combattuta con altre armi.
Siamo fermamente convinte che si debba partire dalle bambine e dai bambini, offrendo loro un modo (non una educazione, no, proprio uno stile di vita da tener come esempio e nel quale vivere e crescere dall'inizio) di sviluppare personalità e identità fuori da ogni ruolo preassegnato culturalmente e storicamente.

giovedì 16 ottobre 2014

Dell'utilità dei mostri

L’ autunno è sempre foriero di riflessioni malinconiche e intimiste, favorite dallo sfondo di una natura dai colori caldi e accesi, dall'aria più frizzante che ci fa stringere le giacche al petto (un abbracciarsi per proteggersi dall'imminente arrivo del freddo), dagli odori che ricordano camini accesi e legna umida, dal suono crepitante di quel tappeto naturale di foglie secche che ottobre ci srotola sotto i piedi.



Una bellezza struggente che spesso porta con sé un remoto disagio, una sensazione che fa presagire il buio invernale e che quindi svela tutte le paure suscitate atavicamente dall'in-visibile, ciò che si cela dove non c’è luce. 
Per i contadini questa è la stagione più ricca di riti e tradizioni, che servono per rigenerare la terra durante il riposo invernale e propiziare la sua fertilità; è tempo di bilanci (anche zodiacalmente), di riflessione su ciò che si è fatto e quindi su quello che c’è da fare per il prossimo anno: un ripiegamento su se stessi per avviare una silenziosa rigenerazione, nel grembo della terra, affinché si rinasca a nuova vita. Del resto, in campagna in autunno c’è molto da fare: si prepara il vino, si raccolgono ortaggi, i boschi offrono castagne, funghi, mirtilli e lamponi; si raccoglie la legna, scorta di luce e calore per i rigidi mesi invernali. Non a caso il simbolo chiave di questo periodo nella tradizione celtica era la cornucopia: la cesta dell'abbondanza. E infatti la parola latina auctumnus deriva dalla radice del verbo augere, ovvero “aumentare, arricchire”.

Però … la luce del giorno dura sempre meno; i colori caldi si spengono per lasciare il posto al nebbioso grigiore umido che fa da sfondo agli alberi ormai spogli, tetri e scheletrici. L’autunno inoltrato coincide con una serie di rituali che ogni cultura, in ogni tempo e luogo, non ha mai omesso di celebrare: i cristiani si preparano a onorare i santi, i celti festeggiano il Capodanno (Samhain) e un po’ ovunque viene ripresa la tradizione anglosassone di intagliare zucche, soprattutto negli ultimi anni. Un curioso miscuglio di folclori e credenze pagane, antropologiche e religiose per segnare il passaggio dalla luce al buio: una soglia, un piede nella conclusione e un altro nell'inizio. Il ripetersi eterno dell'alternanza vita morte; è per questo che la terra si popola di “mostri”, prodigi, creature straordinarie e contro natura, che arrivano, appunto, per mostrare ed avvertire, per ricordare tramite la paura il lato oscuro di ogni vita. Gli esorcismi messi in atto per scongiurare il loro avvicinarsi illuminano Jack O'Lantern, spingono a prendersi beffe di loro imitandoli, aiutano a convivere con il buio e ciò che non si conosce. 

Insomma, una stagione nella quale “l’umore nero” può e deve essere scacciato dalla consapevolezza dell’alternanza; da un girotondo con tutti i mostri possibili. 

Mi viene in mente un libro da inserire fra i rituali propiziatori per l’inverno; si chiama “Il popolo dell’autunno”, di Ray Bradbury. Storia di ragazzini che nel periodo di Halloween combattono le forze del Male per ritrovarsi adulti. Ma no, non è così banale: è un piccolo capolavoro scritto magnificamente, un tripudio di giostre e tendoni da circo, di streghe portate dal vento autunnale, di voglia e terrore di crescere, della necessità di conservare sempre un pizzico di ironia fanciullesca per continuare anche da adulti a fare i conti con ogni tipo di incubo.

“La risata è un re e fa quel che vuole”

E, se vi va di darci una mano a costruire una cosuccia che abbiamo in mente, perché non ci dite un po' quali sono le emozioni che colorano il vostro autunno? E con quali libri le coltivate? O esorcizzate?

Buon autunno a tutti!

domenica 5 ottobre 2014

Bibliopillola n.9 Contro la demotivazione

La mia socia di ApoTeche mi ha regalato un libro (abbiamo poca fantasia, è vero...) che mi è piaciuto molto. Ed è capitato, come accade spesso quando si riceve un libro da chi li ama, che mi arrivasse per le mani il titolo giusto nel momento giusto. Era appena iniziata la scuola, mi stavo adattando pian piano alla routine del calendario provvisorio, cominciando a frequentare le nuove classi di quest'anno e a riprendere il lavoro con le vecchie. E non facevo che pensare, in quei giorni di meno di un mese fa, a quanto mai come alla fine del passato anno scolastico il tanto bistrattato, calunniato, avvilito, deprofessionalizzato, irriso lavoro del docente mi fosse pesato tanto. L'ultima sessione di esami di stato l'ho vissuta per svariati motivi molto faticosamente  e conclusi gli orali ero sfatta. In tutti i sensi. Ma ci sono cose in cui non si può fare a meno di credere, nonostante, di anno in anno, aumenti progressivamente la fatica, lo sconforto, la disillusione, perfino il dolore.
Chi insegna oggi sa cosa dico.
Fa parte della nostra natura combattere per la sopravvivenza e ho imparato molti anni fa che questa non riguarda  soltanto il tenerci in vita nel senso strettamente biologico del termine.
Non ci basta vivere: o meglio, non si tratta solo di vivere, ma di vedere riconosciuta ed espressa la possibilità di essere in qualche modo se stessi. Il che presuppone una lunga e mai conclusa ricerca di una definizione del sé: sottolineo incompiuta poiché credo che in questo si traduca il più profondo senso del nostro esistere, nel continuo cercarsi. Dunque, nel dirsi.
Per fortuna la scuola non è fatta solo di registri, voti, esami, crediti, scrutini e consigli di classe.
Un blogger/collega/scrittore che in questa farmacia stimiamo molto, Alessandro d'Avenia, lo scrive spesso e bene, nel suo spazio virtuale. E lo sperimenta fra i banchi. La scuola è quel delicato e meraviglioso rapporto con i ragazzi. La scuola È i ragazzi. Nei quali tutte le mattine per 11 mesi all'anno ti specchi, ti ascolti, ti sorridi. Quelli a cui ti offri con tutta l'anima perché imparino a stringere i denti e a non smettere mai di cercarsi. Confesso che se ho qualche vaga e sbordata definizione di me stessa lo devo proprio a loro. Eppure conclusi gli esami a luglio ero davvero, oltre che stanca, avvilita; soprattutto, demotivata. Questo è il motivo per cui ho pensato di esporre sul bancone il libro che per me è stata una bibliopillola inghiottita con molta convinzione e che ha avuto un immediato e benefico effetto.

Recalcati - L'ora di lezione - Einaudi
 Una scrittura scorrevole ma profonda, una riflessione serena ma implacabile sull'insegnamento ormai scarnificato a mera trasmissione di competenze sempre meno tali e sempre più sterili informazioni, un inno a quello che invece è per molti il mestiere più bello del mondo, perduto all'interno di una scuola smarrita, icona di una società che ha imparato e insegna a fare a meno dei maestri. Eppure, ciò che oggi serve davvero tanto, ciò che potrebbe operare il miracolo di restituire dignità ad una generazione spersonalizzata in un mare confuso di nozioni disponibilissime ma spesso superficiali o vuote, è proprio chi con le proprie parole crea. Chi inventa mondi, vite, luoghi e storie; chi spinge a pensare, chi cancella limiti e confini, chi trasforma in oggetto erotico, in qualcosa da amare come fosse un corpo, i libri e il sapere.

"Trasformare l'allievo come oggetto sul quale si applica un sapere - testa o bocca vuota (recipiente) da riempire, vite storta da raddrizzare - in un soggetto che ricerca attivamente quello di cui manca, che si senta trasportato, attirato, catturato verso un sapere nuovo"
Le parole sono importanti. Hanno una materialità, densa e fisica, da stringere e amare.
E un'ora di lezione può cambiare la vita.


mercoledì 3 settembre 2014

Bibliopillola n. 8: Contro la dispersione

Un silenzio innaturale che profuma di autunno ha pervaso la casa, una quiete ovattata che concilia riflessioni serene ma fa anche irrimediabilmente prudere le dita. Ci sono condizioni dell'anima, talvolta, che devono necessariamente sfociare in qualcosa di scritto, per completarsi.
Ecco perché dal mio divano immerso in una penombra che sa di odore di pioggia rialzo le saracinesche della Farmacia. D'altronde, si sa, è autunno. La stagione della ripresa, dei buoni propositi, delle liste di cose da fare... il mese in cui ci illudiamo di vivere un'esistenza programmabile e prevedibile. Ma ci serve, ne abbiamo bisogno, non possiamo fare a meno di progettarci, di inserirci in una continuità temporale, di pensare a noi stessi come a identità compiute. Che ovviamente non siamo mai.
La prima chiacchiera autunnale qui, fra i nostri scaffali, mentre tolgo un po' di polvere e faccio arieggiare i locali (qualcuno il caffè lo prepara, vero?) scaturisce da una frase che la mia socia ha scritto ieri in un post.
Ogni volta che torna dalla sua Sardegna, ci lascia un pezzo di cuore; e si chiede:
"Si può vivere con i pezzi rimasti?"

Mi sono immaginata come una specie di mosaico che si va sfaldando, che perde tessere ad ogni svolta esistenziale. Ma poi ho pensato che forse è il contrario: siamo fatti di tanti tasselli diversi, mischiati, uniti, ricomposti dalla vita ogni volta che si scava l'ennesima ruga sui nostri volti. Siamo sfaccettati, un'immagine anamorfica che ha un senso solo se osservata da lontano, nella quale ci riconosciamo per un po' e nel frattempo siamo già lì a rimestare i nostri elementi.
Si può vivere di pezzi, certo. Tutti quelli che ogni volta rimangono, finché non ne troviamo altri. Talvolta anche con pochissimi. Spesso con troppi.
Piuttosto, quello che davvero ci occorre è un buon collante. Qualcosa che ci permetta di saldare la nostra se pur temporanea forma compiuta. Un sostrato adesivo che ci tenga insieme.
Insomma, la stagione la apro con una bibliopillola. Una sorta di Attack per l'anima. Perché spesso si ha paura, quando si cerca di riunirsi, di ricomporsi, di riconoscersi.  Perdite di sé cicliche che ci sbandano e ci scombussolano.
C'è stato un libro, anni fa, che mi ha insegnato a non farmi prendere dal panico quando si perde l'orientamento di se stessi; un libro in cui il protagonista, in precario equilibrio, si ritrova a dover fare  i conti con volti e luoghi sconosciuti, all'inizio confusi, turbinanti come la neve di Sapporo, ma che si svelano in realtà essere volteggianti, a costituire nuovamente qualcosa che acquista senso solo se inseguita passo dopo passo.
"- Finora tu hai perso molte cose. Molte cose preziose. Il problema non è sapere di chi è la colpa. Il problema è che tu attaccavi sempre qualcosa di te a tutte le cose che perdevi. Non avresti dovuto. Avresti dovuto tenere qualcosa da parte per te, invece di lasciarla andare via con il resto. Così ti sei consumato poco a poco. Perché? Perché l'hai fatto?

- Non lo so."
Che questa bibliopillola vi porti al vostro personale Dolphin Hotel, dove s'impara che non si finisce mai di disgregarsi e ricomporsi, purché non ci si dimentichi mai di danzare.

"Capisci quello che ti sto dicendo? Devi danzare, finché ci sarà musica. Capisci quello che ti sto dicendo? Devi danzare senza mai fermarti."
Murakami Haruki, Dance dance dance



mercoledì 6 agosto 2014

BiblioTrendy

Biblioterapie, farmacie letterarie, bibliopillole, libri in tutte le posologie e salse e forme. 
Saggi, racconti, ora anche romanzi e anche in questo pare ci sia una Farmacia Letteraria... galleggiante.

Beh, pare che, da modeste lettrici, abbiamo spontaneamente intrapreso un percorso che comincia a fare tendenza. Che è una parola che onestamente un po' ci spaventa, lo confessiamo... 
Il fatto che se ne parli molto, e che ne parlino in tanti (in questi giorni per esempio CaffeinaMagazine e LaRepubblica.it), sarà sempre sacrosanta salvaguardia di una democraticitá di fondo, ci mancherebbe, ma una sensazione di lieve prurito alla schiena è sempre lì, in questi casi, a ricordarci che per appassionarsi a qualcosa non basta una moda. Occorrono competenze. Studio. Lavoro.
POI se ne può pure parlare. Con cognizione di causa.
Un principio che varrebbe un po' per tutto e che tragicamente, invece, ha lasciato il posto ad una tuttologia facilona, per cui basterebbe leggere alla svelta un paio di articoli presi non si sa bene da dove per esprimersi consapevolmente su un qualsiasi argomento.
Ecco, accade anche drammaticamente a scuola: si legge una sintesi sul Rinascimento ergo si sa tutto sul Rinascimento (un esempio a caso! :))
Comunque sia, le tendenze che hanno a che fare con i libri per lo meno ci incuriosiscono; sicuramente leggeremo il romanzo in questione, così ne chiacchiereremo ex professo nella nostra Farmacia!
Approfittiamo per augurare Buone Ferie a tutti!
A settembre torneremo più agguerrite che mai…. 

Anche perché nelle nostre valigie ci sono sempre più libri che vestiti! 


Fonte: Web


A Presto!
Emma&Valeria

mercoledì 18 giugno 2014

Tempo di esami, tempo di vita

Siamo un po' assenti dalla farmacia, ultimamente, non per mancanza di entusiasmo ma perchè, per quanto sembri banale, la chiusura dell'anno scolastico ci ha risucchiato nel vortice di scrutinii, consigli, chiusure e, da oggi, esami!
Immagino la farmafilosofa mentre passeggia per i corridoi della scuola in attesa di sapere che scelte avranno fatto i suoi adorati "quinti".  Mentre la farmapsicologa (io che scrivo) approfitta (o almeno ci prova) di questo periodo di pausa da progetti scolastici per dare una bella botta alla tesi di specializzazione, distratta da riflessioni sul tema della responsabilità personale (mediate dai tristi, recenti, fatti di cronaca.
È banale, ma vero: gli esami non finiscono mai... e, in effetti, sai che noia senza!!!!


Buoni esami a tutti.

Buona vita.

mercoledì 28 maggio 2014

Bibliopillola n. 7 Contro la stanchezza

Ci sono giornate in cui la stanchezza ti divora. Ti consuma da dentro, ti rende passiva, riottosa, ti lega per terra con due blocchi di cemento per piedi, il cuore gonfio e la testa svuotata. Ci sono giornate che arriva la sera e ti chiedi come sia successo, che ti svegli al mattino e ti sembra di non aver dormito affatto, ore di non-riposo trascorse in un irrequieto dormiveglia in cui si confondono incubi da desta e sogni che nemmeno riesci più a fare. Una stanchezza che ti chiedi perché, conseguenza di attività che spesso e con sgomento ti ritrovi a considerare marginali, rispetto a quelle che davvero vorresti ti stancassero, se non addirittura inutili, stupide. Sprechiamo noi stessi e il nostro tempo a sbrigare incombenze, faccende e iter assolutamente monotoni, alienanti, incredibilmente lontani da quello che vorremmo realizzare di noi attraverso il lavoro. Una stanchezza avvilente e mortificante.
Ecco, questo è uno dei malanni che più mi affligge, da qualche anno a questa parte. E nonostante gli occhi alla sera brucino e le palpebre calino con pesantezza, mettermi a leggere mi dona quell'ora di quiete che è molto simile ad un appagamento, una sorta di risarcimento per un pezzettino di vita che sento con un nodo alla gola irrimediabilmente sacrificato.
Mentre mi arrabattavo dietro il bancone della farmacia ho pertanto pensato stasera ad una prescrizione complessa, una confezione multipla; perché mi è capitato di ascoltare opinioni contrastanti su quali generi, autori e testi possano risollevare dalla stanchezza.
C'è chi preferisce una leggerezza consapevole, che soffi aria fresca in una mente intasata per distrarsi: un po' come sedersi all'ombra di un bell'ulivo in un pomeriggio di canicola.
Chi invece non si rassegna a leggere qualcosa di meno impegnato e nella complessità di stili letterari forti, fra le parole di personaggi umani e anche sofferenti, trova un coinvolgimento emotivo e artistico che comunque svaga.
Chi ha assolutamente bisogno di parole che incollino alle pagine, di trama ed emozione, della scarica adrenalica dei gialli, ad esempio.
Chi infine (ma non ultimo) deve sbrigliare la fantasia verso luoghi immaginari e racconti chimerici, abitando castelli, Terre di Mezzo o foreste popolate da unicorni.
Dunque tante prescrizioni stasera, contro la stanchezza: scegliete voi la bibliopillola che più vi aggrada, che più vi è consona.
E riposate membra e pensieri facendovi trasportare in tutte quelle vite che potete fare, comunque, vostre.

Ali di Babbo, Milena Agus, Nottetempo.
Semplice, ma non banale; leggero ma non superficiale. Fresco come il vento della Sardegna, racconta l'incanto di un adolescente che forte della propria spontaneità inizia ad affrontare anche le crudeltà della vita. Fiaba contemporanea. Addolcente.







Trilogia di Fabio Montale, Jean Claude Izzo, e/o.
Un poliziotto marsigliese, un uomo che vive un rapporto passionale, nel bene e nel male, con la sua controversa città, porto dannato e maledettamente bello, metafora di un mondo che è uguale ovunque e che a prescindere dagli occhi con cui lo si guardi regala ad un certo punto della vita di chiunque una lucidità disincantata ma mai rassegnata. Noir mediterraneo. Umano.








Il collezionista di ossa, Jeffery Deaver, Sonzogno.
Lincoln Rhyme è un criminologo divenuto tetraplegico coinvolto in un'indagine su un assassino efferato.
Ritmo incalzante, tempi serrati, una lotta contro la crudeltà e le limitazioni del protagonista. Corroborante.







Il Signore degli Anelli, J.R.R. Tolkien, Rusconi.
Un mondo immaginario in un tempo immaginario, hobbit, elfi, anelli del potere, una saga che incanta da quasi un secolo, il potere salvifico della fantasia. Epico.

domenica 18 maggio 2014

Libri sul comodino

Che i libri siano un sostegno (in molteplici sensi) è uno dei presupposti su cui si basa l'esistenza stessa della nostra farmacia.
Ci fanno compagnia: un pomeriggio di pioggia, una serata in casa, una domenica di relax, un periodo in cui abbiamo un po' di vuoto intorno (poiché capita, no?).
Ci concedono di distrarci: pensieri fissi, problemi pressanti, angustie, se ci immergiamo in una buona lettura si sfocano concedendoci respiro.
Possono anche 'curarci', come si scrive da qualche anno.
Spesso penso che se non avessi i miei libri sempre lì, sul comodino, mi sentirei anche peggio a conclusione di giornatacce: la prospettiva di mettermi a letto, accendere il lume, sistemarmi cuscino e coperta, inforcare gli occhiali e aprire il testo di turno ... beh, è un integratore naturale di serotonina.
Mi rilassa, mi ripaga, mi conforta.
Leggere prima di addormentarmi mi disegna un fumetto alla Rossella O'Hara sulla testiera del letto: domani è un altro giorno.
E' come premere un interruttore e ritrovarsi in un'altra dimensione, riconoscendo le nostre passioni in altre vite, altre storie, spartendoli con altri personaggi, empatizzando con loro e già solo in questo trovarne sollievo;  predispone la mente a simpatizzare nei confronti di altre possibilità, di ruoli, di scelta, di azioni, di sviluppi.
I titoli di passaggio nella mia camera da letto spesso dicono molto del periodo che sto attraversando.

Avremo modo di discutere insieme, di lavorare anche, oltre che di confrontarci, sulla biblioterapia.

Nel frattempo.... voi, che libri avete sul vostro comodino, stasera?

E.

domenica 11 maggio 2014

Bibliopillola n.6: Per le figlie che diventano madri

Mentre riflettevo sui post precedenti ho guardato il calendario e la ricorrenza odierna ha provocato un corto circuito. Ho pensato a quanti tipi di madre esistono: biologiche, genetiche o semplicemente donne che prestano cura, crescono, insegnano, sostengono, amano. Figli, alunni, pazienti, nipoti, bambini, adolescenti.
La radice sanscrita della parola madre ha il significato primario di "misurare, preparare, formare". Da questa deriva poi il termine matr (mater in latino), "colei che ordina e prepara". 
Appunto.
Qualche mia sinapsi attivandosi ha estratto da un cassetto encefalico una delle più belle figure di madre che appartengono alla letteratura (che ho letto):
Clara Del Valle Trueba. Una donna singolare, con un curioso rapporto con le parole e un mondo incantato che frequenta insieme alla sua stessa realtà; madre di Blanca, nonna di Alba. Tre nomi di luce, un inno alla trasparenza e alla chiarezza delle vite semplici ma non per questo superficiali o leggere.
Il libro è La casa degli Spiriti di Isabel Allende: una saga familiare raccontata attraverso tre generazioni di donne sudamericane dai primi decenni del secolo scorso fino alla guerra cilena. Non è un libro facile da descrivere, fosse pure per raccontarne la trama: va letto e basta. Clara, creatura delicata e potente, concreta ed eterea, racchiude in sé per elargirle a tutti coloro che la circondano quelle che a mio parere sono le tre doti fondamentali di qualsiasi tipo di madre:
Coraggio, per far da scudo e proteggere finché si impari a sopportare e tollerare da soli;
Amore incondizionato, perché solo questo fortifica;
Magia, per non perdere mai il sorriso, la curiosità, per non adattarsi mai a nulla di normale, per osare sempre e non rassegnarsi mai, per vivere in modo speciale anche le giornate più banali (la magia in realtà insegna che non esistono giornate banali), per credere sempre in qualcosa di più, di altro, di tanto certo quanto sfuggevole. Perché ogni madre è allo stesso tempo potente, istintuale, ma anche terrorizzata da paure, insicurezze, stereotipi. Perché non c'e niente di più realisticamente sovrannaturale della vita stessa.
[Clara] non credeva che il mondo fosse una Valle di lacrime, ma al contrario una burla di Dio, sicché era stupido prenderlo sul serio, se Lui stesso non lo faceva.


giovedì 8 maggio 2014

Bibliopillola n. 5 - Confezione famiglia



Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo
Iniziava in questo modo Tolstoj il suo racconto delle vicende familiari e romantiche di Anna Karenina e, pur portandomi dentro un pezzetto di Anna, concordo solo in parte con il punto di vista dell'Autore.
Perché, seppure convinta che ogni famiglia sia infelice a modo suo, sono altrettanto convinta che le famiglie felici siano semplicemente famiglie che hanno trovato la loro personale strategia per affrontare l'infelicità, fosse pure quella di negarla.
Il commento di Nina al post La cura di qualche giorno fa mi ha fatto riflettere parecchio: sull'utopia della famiglia mulinobianco, sull'estrema mobilità di quelli che ognuno di noi considera i confini della propria famiglia (dal nucleo minimo della coppia ad intere e vaste generazioni), sul fatto che molti di questi legami, imposti, finiscano spesso per appesantirsi di sensi di colpa, ricatti morali, dispetti e vendette che finiscono per trasformare le relazioni in catene e avvelenare quel poco di vita che abbiamo.
E alla fine del giro torno sempre lì: le aspettative. Quanto è enorme il bagaglio di cose che ci aspettiamo, desideriamo, vorremmo dagli altri.
... vorrei che mio padre mi avesse dato questo, che mia madre avesse fatto quest'altro, che i miei cugini fossero così o i miei fratelli cosà...
Sono le aspettative a rovinarci la vita. Non possiamo fare a meno di averne, ma se solo provassimo a vedere che sono "cosa nostra", parte di noi e non dell'altro, forse potremmo iniziare a vedere l'altro per quello che è: un essere umano, fallibile, imperfetto, tanto quanto noi, che non può fare a meno di essere quello che è. 
Anche se noi vorremmo qualcosa di diverso.
Un viaggio dentro se stessi complesso, lungo e difficile.

La letteratura è ricca di saghe familiari, perle di letteratura, a volte pesanti sia per peso cartaceo che per le vicende ed i temi narrati ed affrontati, ma per questa bibliopillola ho scelto una strada diversa, proprio con l'intento di alleggerire, di provare a spezzare qualche catena, o almeno provare a portarla con maggiore freschezza. Ho scelto un libro che si fonda sulla ricerca a tutti i costi di legami familiari che mostra alla fine che, a volte, questi legami... vabbeh! Un bicchier d'acqua e giù!

La bibliopillola n. 5, per Nina e per chiunque abbia una famiglia :D
Le luci nelle case degli altri, Chiara Gamberale

martedì 6 maggio 2014

Bibliopillola n. 4 - Pillola Rossa


In seguito alla pubblicazione del post precedente, al bancone sono arrivate alcune richieste. Alcune esplicite, altre meno. Ad ogni modo, il primo preparato é disponibile.
É una bibliopillola che serve a favorire un regolare ritorno a se stessi, che é il punto di partenza di ogni cura. E ci é stata suggerita da chi ha scritto che non trova spesso un libro adatto a sé. E nemmeno glielo regalano.
Abbiamo pensato che forse bisognerebbe cercare meglio: il che presuppone di sapere che cosa si sta cercando.
Abbiamo anche pensato che potrebbe essere necessario mostrare qualcosa di più di sé, agli altri, per diventare oggetto di cura.
Paradossalmente, mentre rimestavamo i nostri galenici, mi é venuto in mente, prima di un libro, un film.
"Immagino che in questo momento ti sentirai un po' come Alice, che ruzzola nella tana del bianconiglio [...] Hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede, solo perché aspetta di risvegliarsi! E curiosamente non sei lontano dalla verità [...] Dovrai scoprire con i tuoi occhi qual é. È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resta nel paese delle meraviglie e vedrai quant'é profonda la tana del bianconiglio!" 
Morpheus (Lawrence Fishburne), The Matrix, Andy e Larry Wachoski, USA, 1999
La citazione é Alice nel Paese delle Meraviglie, fiaba più che nota: ma la bibliopillola segue Lewis Carroll oltre, Attraverso lo specchio.

Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò è un romanzo fantastico del 1871 scritto dal matematico e scrittore inglese Charles Lutwidge Dodgson con lo pseudonimo di Lewis Carroll, come seguito de Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. Meno noto di quest'ultimo,  é un racconto complesso, zeppo di allusioni, citazioni, giochi di parole, riferimenti a proverbi, nonsense.
É la metafora fantastica di un viaggio alla ricerca di se stessi che si può compiere solo riflettendosi in qualcos'altro .... O qualcun altro.
Al di là dello specchio Alice trova tutti i personaggi delle sue filastrocche preferite, che riescono a prendere vita solo specularmente, al contrario, come tutto ciò che é riflesso. É una lettura surreale, a tratti assurda, ma insegna che bisogna essere disposti a rovesciarsi per comprendersi. Ad attraversare la superficie liscia che contorna la nostra realtà. Quando si torna indietro, ci si conosce un po' di più e questo sicuramente può servire a guardare (e guardarsi) diversamente (ne)gli occhi degli altri.

domenica 4 maggio 2014

La Cura

Riflettevo sulla Cura.
Interessamento solerte e premuroso che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività. Così chiosa il vocabolario Treccani. 
Provvedere alle necessità e alla conservazione di qualcuno. 
Prestare riguardo e attenzione, impegno, zelo e diligenza
Quante parole belle: suoni che evocano, se li ripeti scandendoli sillaba per sillaba visualizzi una casa, un fuoco acceso e una coperta rimboccata, un sorriso, un abbraccio, un regalo, una stretta forte, un riparo. Ma constato con riluttante amarezza che abbiamo imparato ad accontentarci della loro eco. Abbiamo dismesso i panni di chi si adopera, si fa carico, si occupa dei propri cari: é qualcosa che richiede fatica, vera, fisica, ma anche applicazione, concentrazione, meticolositá. Non sappiamo più stare attenti alle persone che ci circondano e alle quali teniamo: diamo tragicamente per scontata la loro benevolenza, oltre che la loro presenza.  Riteniamo che una volta allacciati, i legami si tengano annodati da sé per sempre. Smettiamo di sforzarci, dimenticando che tenere a qualcuno é un impegno costante. Dovremmo anzitutto tornare ad osservare: non ci accorgiamo più di come vediamo le persone intorno a noi, dei loro gesti, delle espressioni, dei cenni. Non le ascoltiamo perché non parliamo, ci limitiamo a scambiare informazioni. Finiamo a poco a poco con il frequentarle a margine, con il vivere alle loro periferie. 
La Cura é uno dei motivi per cui mi ritrovo dietro questo bancone. Scegliere un libro per qualcuno é un atto forte di premura, un onere che richiede impegno e attenzione, significa dedicargli del tempo perché stia meglio grazie a noi. É un atto d'affetto. Una 'terapia' così come la intendeva Ippocrate: il padre della medicina sosteneva che questa consistesse tanto nel tocco, quanto nel rimedio e infine nella stessa parola: una pacca sulla spalla, un tazza di cioccolata calda e un discorso serio fra amici. Anche da leggere. 

E.

giovedì 24 aprile 2014

Bibliopillola 3 - Contro l'assenza


Su tutti i social, in questi giorni, è rimbalzata la notizia della scomparsa del grande Gabriel Garcia Marquez. Il tam tam mediatico ha contribuito ad un proliferare di necrologi, recensioni, testimonianze di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, almeno una volta nella vita, sono passati per Macondo. Che è però una città che non esiste, nata da quei contorti segni vergati da una penna (che in fortunati casi come questo si trasforma in bacchetta magica) che hanno fondato dal nulla un villaggio nel cuore della foresta colombiana.
Macondo è il mondo stesso, magico e amaro allo stesso tempo, contraddittorio, rigoglioso e arido, colorato e squallido,  una città di specchi fra i quali c’è un continuo rincorrersi fra ombre fiabesche e fantastiche e personaggi e situazioni fin troppo reali, fra spiriti di gente già vissuta e uomini che lottano in carne e ossa, una realtà a mezz'aria, insomma, sospesa, una bolla fluttuante al di sopra delle aspirazioni, dei sogni, delle delusioni dell'umanità.

Macondo è il luogo di nascita di chiunque ami leggere. A prescindere dal fatto che si sia mai letto Cent'anni di solitudine, romanzo controverso, amato e stroncato in ugual misura da quasi mezzo secolo. E se mi è venuta voglia di prescrivere questa generica bibliopillola, adatta un po' per chiunque legga, è proprio perché, appartenendo alla schiera di chi, ahimè, amava “Gabo”, ne sto patendo, appunto, la mancanza.

mercoledì 16 aprile 2014

Bibliopillola n. 2 - Contro l'Etá della Ragione


Questa prescrizione riguarda un terribile equivoco nel quale molto facilmente si inciampa.
Le pagine dei libri possono rappresentare una sorta di filo di Arianna per trovare l'uscita da labirinti esistenziali.
È vero, abbiamo inaugurato questa farmacia anche perché lo pensiamo.
Ma ci si deve intendere bene: se srotolando il suddetto filo cominciamo ad orientarci e ad acquisire familiarità con quel tracciato apparentemente inestricabile di strade, allora ha giá funzionato. Non é detto che si trovi l'uscita; nei labirinti medievali spesso questa coincideva con il punto di partenza. Probabilmente dobbiamo continuare a camminare per irrobustirci: per comprendere che ció che sembra contorto é semplicemente ciò che siamo, ma non siamo ancora pronti (o piú pronti) ad accettare. Ci rimproveriamo di non esser sufficientemente bravi a trovare l'uscita; o di non averne piú la forza o peggio ancora la volontà. Ci rimproveriamo, o ci rimproverano, di essere coscienze smarrite.
Ma forse occorre proprio fare i conti con questo eterno errare dentro e fuori noi stessi.
"Ma vecchio mio, guardati un poco: hai trentaquattro anni, i capelli ti si stanno diradando, non hai più niente di un giovanottello, e la vita di bohéme non è più per te. E poi, si può sapere cos'è, la bohème? Era molto carina cento anni fa, ma adesso è un pugno di spostati che non rappresentano un pericolo per nessuno e che hanno perso il treno.
Tu hai l'età della ragione, Matteo, l'età della ragione, o almeno dovresti averla"
"Bah!" disse Matteo "quella che tu chiami l'età della ragione non è altro che l'età della rassegnazione, e io non ci tengo affatto".
Questa bibliopillola è per Titti che ha commentato quanto male possa fare la consapevolezza: perché non è detto che essa debba necessariamente coincidere o con la ragione o con la rassegnazione.

Jean Paul Sartre, L'etá della ragione, Bompiani, 2009




sabato 12 aprile 2014

Il diritto di amare (e non amare)

"Ho cominciato la mia vita come senza dubbio la terminerò: tra i libri. Nell'ufficio di mio nonno ce n'era dappertutto; era fatto divieto di spolverarli, tranne una volta all'anno, prima della riapertura delle scuole. Non sapevo ancora leggere, ma già le riverivo queste pietre fitte: ritte o inclinate, strette come mattoni sui ripiani della libreria o nobilmente spaziate in viali di menhir..." Le parole, JP Sartre
Ci piace vincere facile, a noi lettori dal DNA tarato, a noi che in mezzo ai libri ci siamo nati, a noi che per quanto andiamo avanti o indietro con la mente non riusciamo a pensare un solo giorno della nostra vita senza libri. Ci piace raccontarcela tra di noi, parlare di libri che abbiamo condiviso con altri o che possiamo consigliare sapendo che saranno apprezzati; ci piace, quasi, immaginarci con la vista consumata da parole stampate o digitalmente visualizzate a rinunciare alla salute degli occhi piuttosto che all'ennesima pagina.
E ci piace pensare di averla nel sangue questa passione, e che sia nata così.
Eppure chi di noi ha dei figli non può non pensare, con un deciso tremolio del cuore, che gli eredi potrebbero, addirittura! magari!, crescere senza amare la lettura, senza nascondersi con una lampada sotto al piumone per finire le pagine del momento.
Eppure qualcuno, sarei pronta a giurarlo, con la passione per la lettura non ci è nato e ricorda esattamente il momento in cui questo amore è nato: può essere stata la prescrizione di un professore, il regalo di un amico, la folgorazione di una mattina per sbaglio in libreria.

Io, ad esempio, ci sono cresciuta, tra i libri. Sono nata da un padre che a dodici anni se lo mandavano a prendere il latte, prendeva poi anche i rimproveri per i ritardi ed in ritardo arrivava perché, per quanto corresse forte, non riusciva a trattenersi dal leggere qualunque cosa trovasse per strada. Quello stesso padre, nella nostra prima, piccolissima, casa aveva riempito ogni angolo dei suoi libri: li trovavo sopra e dentro il mio comodino, nella nostra libreria di bimbe, nelle vetrinette del soggiorno al posto di ninnoli e bomboniere. Ho imparato a leggere sulle sue ginocchia sbirciando l'immancabile quotidiano.

Ecco, oggi, vorrei ascoltare un po' di storie così. Come siete nati lettori? O come siete diventati, o rimasti, dei non lettori. O con chi avete tentato strategie di seduzione che facessero fiorire l'amore per la lettura come colpi di fulmine in primavera. E ci siete riusciti?

Personalmente penso che l'amore, in assoluto ed in particolare per i libri, non si possa insegnare. L'amore è un sentimento, è naturale o semplicemente non è.
E allora? Possiamo trovare un filo comune nelle varie esperienze di nascita? 

Vi aspetto.

giovedì 10 aprile 2014

Bibliopillola 1 - Per le nottate interrotte

"Alle 2.00 circa, però, due o tre file non correttamente chiusi nel cervello, la prima zanzara della stagione e la gatta piagnona dietro la porta della mia camera mi hanno ributtata al mondo. Dopo aver navigato in lungo e in largo nei documenti spalancati nella testa senza trovare soluzione degna di questo nome, neppure la consolante frase "domani è un altro giorno" avrebbe avuto il potere di riportarmi nelle braccia di Morfeo". (Mariarosa)
Mi è quasi caduto addosso, nel senso che ho avuto la sensazione che sia stato lui a trovare me. Intendo, il primo libro da farmacista letteraria, la prima pillola letteraria di ApoTeche. Nonostante non ci sia stata una vera e propria richiesta di aiuto, il commento di Mariarosa al post di qualche giorno fa Consapevolmente ha fatto scattare la molla che ha messo in moto il meccanismo per cui la Farmacia Letteraria è nata.

O forse, semplicemente, è cascato un libro dallo scaffale. E mi sembra proprio una bella terapia d'urto, perché racconta i mille modi in cui si cerca se stessi. Racconta di come solo gli altri, a volte, possano dirci qualcosa di noi, anche a distanza di anni, anche da luoghi diversi. E di come, inesorabilmente, anche laddove si tenti di evitarlo, solo le parole salvano: ma bisogna essere capaci di farlo. Al limite, impararlo.
"Vede Rebecca, una cosa mi sembra di averla capita. Pensavo che parlare non fosse assolutamente necessario, io ho terrore delle chiacchiere, non potevo certo pensare di chiacchierare con lei. E poi temevo che si finisse con una cosa tipo psicanalisi o confessione. Una prospettiva agghiacciante, non trova? [...] però, vede, mi sbagliavo. La verità è che devo accettare di parlare, anche una sola volta, due al massimo al momento giusto, ma devo essere capace di farlo".

Pensa un po', Mariarosa: il protagonista che sta parlando è uno scrittore che ha deciso di smettere, perché "un giorno mi sono accorto che non mi importava più di nulla e che tutto mi feriva a morte".
Ma non ci si può allontanare mai del tutto da quello che si è. Nonostante la consapevolezza sia dolorosa.
"Mentre spegneva le luci e trovava ancora qualcosa da rimettere a posto, ebbe la sensazione strana di non essere lì, e di rifinire i dettagli della vita di un'altra. Con una punta di sconcerto capì che, in un solo giorno, una certa distanza a cui aveva lavorato per anni, si era scostata con eleganza - una tenda in un colpo di vento.
E da lontano la raggiunse una nostalgia che credeva di aver sconfitto".
Et voilà, la bibliopillola1: una cura per le nottate, e le vite, interrotte.


martedì 8 aprile 2014

Libri che vanno, libri che vengono. Terapia del donare e del ricevere.

 Ricordo, anni fa, l'apertura di un nuovo mega punto vendita di un noto marchio dell'Editoria sapientemente organizzato intorno ai primi di dicembre. Ricordo le file di clienti alla cassa quell'anno, e ricordo come si disse che mai come per quel Natale in città furono regalati libri e prodotti editoriali.
Mi sono spesso chiesta quanti di quei libri fossero stati scelti e regalati col cuore, quanti di quei libri siano stati poi effettivamente letti e quanti invece abbiano solo occupato qualche centimetro di spazio in una libreria. E mi sono spesso chiesta come ho scelto gli innumerevoli libri che ho regalato e come sono stati scelti gli altrettanto innumerevoli che ho ricevuto in dono.
Perché, è innegabile, se è vero che ricevere un dono è piacevole e talvolta lenitivo, è anche vero che donare è spesso altrettanto terapeutico e che, al contrario ricevere è talvolta poco meno che un fastidio se ci lascia la sensazione di sentirci in debito o che il dono non sia realmente sentito.
E al di là delle diverse teorie sul donare e sul ricevere, sarà che son di parte, ma non riesco a non pensare che regalare e ricevere libri sia un'esperienza che dona un sapore diverso alla vita.

Va bene, sono di parte. 
Sono sicura che in tanti avranno ricevuto un libro in regalo e un attimo dopo averlo scartato gli avranno trovato un posto da qualche parte (gamba del tavolo troppo corta, rialzo per il tablet, libreria... magari...), ma parliamo di quelli per cui le parole hanno un senso, per cui anche solo il tenere un libro tra le mani riempie la giornata.
Va bene, parliamo di me.

Ho ricevuto e scelto tanti libri nella vita e, ad essere sincera non saprei nemmeno dire se preferisco riceverli o regalarli, anche se sospetto una leggera propensione per la seconda.
Ho ricevuto libri che ho amato e che ho odiato, libri che ho trovato in sorprendente sintonia con me stessa e libri che non sono riuscita nemmeno a finire per quanto erano distanti da me, tutti indistintamente, però, mi hanno sempre detto qualcosa della persona che me li stava regalando e, soprattutto, di me.
Ho ricevuto libri che mi hanno permesso di sentirmi amata, vista, conosciuta. Ho ricevuto libri che mi hanno permesso di sguazzare in dolori momentanei e di uscirne con la consapevolezza di essere sopravvissuta (come scordare la sorprendente lucidità e tempestività del gruppo di colleghi che mi regalò Follia di Mc Grath appena pubblicato!?)
Ho ricevuto libri che ho accolto con la curiosità di trovare all'interno una parte importante di chi me li stava donando (l'intera saga Malaussene, Le parole di Sartre, Mr Gwyn di Baricco) e che mi hanno dato la sensazione di ricevere in dono un pezzetto di anima.

E quando ho regalato? Come ho scelto? Pensando a me o alla persona a cui dovevo fare il regalo? 
Mi sono chiesta spesso se, nello scegliere un libro sia più giusto scegliere secondo i propri gusti o secondo i gusti di chi riceve e la risposta che mi sono data è che, come in tante situazioni, dipende dal tipo di relazione, da ciò che si desidera veramente donare all'altro, da quanto si è pronti a mettersi in discussione. E allora ho più regalato secondo i miei gusti, dando, di volta in volta, un pezzetto diverso della mia anima: La città di K della Kristoff e Jules e Jim di Roche sono esempi di libri che ho regalato più di una volta, ma altri ce ne sono sicuramente che per qualche motivo ho già scordato.

Concludo con due tipi di regali che negli ultimi anni mi hanno scaldato il cuore, sia nel momento della scelta che al momento dell'apertura del pacchetto: i libri scelti dalla mia libreria, o ricevuti in dono da qualcuno che a sua volta se ne è privato, per me!, e i libri scelti per i bambini.

Da ex maniaca ossessiva compulsiva dell'accumulo e del possesso dei libri, scoprire di poter donare un pezzo veramente mio è stato uno dei più grandi regali che ho fatto al mio benessere e al mio disturbo compulsivo e ricevere un libro che ha respirato tra le mani di qualcuno che stimo è un onore oltre che una piccola perla di affetto.

E regalare libri ai bimbi... che dire? Meglio niente forse... non ci sono parole per descriverlo.

Ci siamo chieste ieri, dietro i banconi della Farmacia se questi primi post non fossero troppo autoreferenziali e la risposta è stata forse si, ma è un po' così che vorremmo fosse la nostra farmacia: con la possibilità per chiunque passi di qua di lasciare un po' di sé, autoreferenzialmente. È per questo che in coda a questo post ve la butto un po' lì': regalateci le vostre esperienze di regali. Cosa avete regalato, cosa vi hanno regalato? Ma soprattutto: che effetto vi ha fatto? Quando vi ha curato o quando vi ha fatto male?

Entrate pure, prendete il libro che volete e lasciate un pezzetto di voi e se non siete sicuri di cosa scegliere... provate a chiedere... magari insieme troviamo un libro diverso.

Valeria


domenica 6 aprile 2014

Consapevolmente

Soltanto le cose che si pagano sono vere, che si pagano a prezzo di intelligenza e di dolore. E io non pagavo oramai, soltanto, che attraverso le banche. 

(L. Sciascia, Todo Modo
Stavo mettendo ordine nei pensieri, godendomi la tranquillità della domenica sera che vede concludersi tutti i riti della giornata e regala un po' di quieto silenzio. Una domenica come tante, ma percorsa da vissuti emozionali forti: la novità di questo blog, il tam tam sui social, le virtuali pacche sulle spalle di amici e conoscenti, la voglia di andare avanti e l'entusiasmo da contenere, ma anche qualche polemica, qualche malumore familiare, notizie non sempre buone, preoccupazioni del quotidiano. Insomma, emozioni dosate in maniera diversa ma quasi tutte presenti, sia positive che negative. Ecco perché mi sento sfinita. Ecco perché mi viene spontaneo aprire il libro di turno. Per farmi coinvolgere in un flusso di parole, situazioni, storie, personaggi che mi trascinano per un po' altrove, mi raccontano di loro, mi distraggono, ma mai del tutto da me stessa. Perché ad un certo punto inciampi in un periodo che sembra lì apposta per rimetterti improvvisamente di fronte alla tua realtà. 
Uno schiaffo. 
Toh, ma sta parlando di me. Mi sta dicendo qualcosa, sembra sia stato scritto proprio per dare una risposta alla domanda che mi stava assillando. 
Questo riportare alla coscienza, come se fosse detto da altri, come se un altro paio d'occhi ti permettesse di guardarti dall'esterno o altre bocche ti dicessero di te, penso sia il potere più elevatamente terapeutico della lettura. Avevo iniziato a leggere pensando ancora a ciò che più mi aveva scosso della giornata, me ne stavo allontanando pian piano addentrandomi  nella campagna siciliana di Sciascia, un'eco sempre più flebile, quand'ecco quelle parole, che balzano davanti agli occhi, come mi fossero urlate nelle orecchie. 
Le cose vere si pagano: a prezzo di intelligenza. Di dolore. 
É la definizione della consapevolezza. Che non può essere acquistata nemmeno a suon di milioni. 

Consapevolmente é un avverbio che mi é sempre piaciuto. 

Ce lo teniamo come una formula magica, su questo blog. Un Abracadabra. 
Perché le parole sono importanti. 


Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. Quando la letteratura è al suo apice ci sembra che d'improvviso ricordiamo qualcosa d'importante che sapevamo ma abbiamo scordato.

(O. Lagercrantz, L'arte di leggere e scrivere)
Emma 

La Farmacia Letteraria: noi la vorremmo così...

Benvenuti all'inaugurazione della nostra farmacia. Prima di presentarci vorremmo subito sgombrare il campo da fraintendimenti o equivoci: non siamo due guaritrici. Questa pagina nasce per essere un luogo di incontro e di scambio, di confronti e di chiacchiere. Gli argomenti che tratteremo verteranno su un rinnovato e consapevole bisogno di leggere ANCHE per sedare, lenire, addolcire, smussare le mille ansie, preoccupazioni, stress della nostra, purtroppo, affannata vita quotidiana.
Sappiamo che esistono, da un paio d'anni in qua, innumerevoli blog, gruppi, siti che si occupano di biblioterapia, che (anche con professionalità e seriamente) propongono la lettura di testi selezionati ad hoc a coloro che si dichiarano affetti da tormenti (spesso anche diagnosticati seriamente).
Il nostro approccio non vuol essere di questo tipo: sarebbe presuntuoso, azzardato, fors'anche pericoloso proporsi come guaritrici di alcunché tramite i libri. Probabilmente esiste qualcuno che ha le competenze per farlo, ma a noi interessa creare e far frequentare un gruppo che, discorrendo intorno a titoli, autori, tematiche possa offrire spunti di condivisione delle proprie esperienze personali, in merito a quanto possa essergli stata d'aiuto la lettura in particolari occasioni o contrasti. Interessa, insomma, leggere per leggersi. Insieme.

Fabio Stassi, curatore dell'edizione italiana di Curarsi con i libri (Berthoud e Elderkin), di cui si è tanto parlato, in bene e in male, tra gli amanti della lettura, definisce la biblioterapia come una sorta di vaccinazione contro i mali del vivere e forse è proprio questo il senso più vicino a ciò che vorremmo costruire qui: “Ci curiamo inoculando dosi controllate di situazioni e possibilità” (F. Stassi).
Filosofia e psicologia sono storicamente ricche di esempi e trattazioni sull'importanza che il raccontare e raccontarsi ha nel leggere e leggersi. E così come lo spazio della relazione terapeutica, attraverso il raccontarsi, offre la possibilità di sperimentarsi, in uno spazio protetto, in situazioni e possibilità diverse da quelle realmente vissute, allo stesso modo la lettura ci permette di sperimentare mondi, esperienze, sogni, desideri, valori a volte così distanti da essere considerati impossibile anche solo da immaginare (basti pensare al successo di certa letteratura erotica o fantasy).
E allora perché non provare a costruire insieme uno spazio, più un salotto che un asettico negozio, in cui confrontarci, suggerire, chiedere e condividere.
Cosa?
Esperienze di cure e risoluzioni dei malanni della vita attraverso libri, pagine, righe, parole.
“Chi consiglia un titolo particolare a un amico, per aiutarlo a uscire da una sua crisi privata ha già espresso una diagnosi e indicato un farmaco, ne conosce gli effetti collaterali, sa che possono variare dalle vertigini alle lacrime, ma è consapevole che la lettura è una febbre che ci fa guarire dal resto” (F. Stassi).
Noi proveremo a farlo, offrire letture, senza calarle dall'alto, ma partendo dall'accoglienza, dall'ascolto e dal bisogno di chi si vorrà accomodare tra i nostri cuscini, ma siccome, seppur megalomani, siamo coscienti di non essere onniscienti, quel che ci aspettiamo è soprattutto di ricevere, da chi ha letto cose diverse in modo diverso e sperimentato emozioni diverse in vite diverse.
E allora, Benvenuti!
Accomodatevi!

Emma & Valeria

Eh si, ci sono anche io….

Non amavo i blog. Mi ci sono sempre sentita come un elefante in una cristalleria. Mi ci muovo goffa, in questo spazio del quale non riesco a vedere i limiti. Mi manca lo spazio di un foglio bianco (prima riga - ultima riga), una tastierina da bacheca social, un riferimento…un blog è al tempo stesso claustrofobico ed agorafobico. Sì, perchè comunque malata sono. Certo. Da sempre. Congenita.
Soffro di una forma morbosa di attaccamento alle parole. Una patologia talmente invalidante da poter essere curata solo, omeopaticamente, con le stesse parole. Quindi mi impasticco di libri, da sempre. Posologie diverse, le più disparate modalità di somministrazione, ma comunque sempre loro restano i miei farmaci. Li frequento da sempre, ci lavoro, ne scrivo e li scrivo, li spiego, li traduco…sono in ogni modo parte della mia vita. E dunque di me. Si, perché
"… in ogni libro, anche nel più insignificante e polveroso dei miei libri, da anni accantonati come in castigo nel garage, c'è un pezzo di me, un barlume della mia coscienza, un ingrediente di quella che si chiama pomposamente "la personalità.
(F. Ferrarotti. Leggere. Leggersi)
Dunque, perché non mettersi dietro al bancone di una farmacia letteraria? Perché non chiacchierare con altri come me, perché non continuare anche qui a parlare di parole e libri, nel tentativo eterno di entrare in quei delicati meccanismi del cuore e della mente?
Ecco, appunto.
Perché no??

Emma

Le parole - L'inizio

- ... allora devi leggere assolutamente Le parole di Sartre.
- Ho provato a cercarlo, ma non lo trovo, devo provare su un altro sito...
- Ma non prenderlo! Te lo mando io. Ci tengo!
... ... ...
- Sai perché te l'ho regalato, vero?
- Ho in mente un sacco di motivi. Uno per ogni frase che sto sottolineando. Sai che solitamente non lo faccio?
- È la mia storia. Cambiando qualche personaggio. E credo che in molti punti sia anche la tua.
- Ho già ritrovato me nella nonna e non avevo letto nemmeno tre pagine ahahah. Scherzo. Grazie davvero. So che mi dirà molto di me. E accoglierò anche quello che troverò di te...
Ed è così che è cominciata.
Con la voglia di cercare, di trovare un'amica.
Con la voglia di trovare in un mondo scritto qualcosa del nostro mondo vissuto.

E per provare a dare forma ad un'idea da troppo tempo lasciata lì ad aspettare.

A partire dalle parole... perché le parole sono importanti! (cit.!)

Valeria


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