C’è poco da dire: l’uscita nelle sale del film Disney Pixar
Inside Out ha avuto l’effetto di un ciclone per il tema delle emozioni che,
come non capitava da tempo, è diventato uno degli argomenti più citati sul web
da specialisti, genitori, figli, giornalisti e chiunque abbia visto il film o
semplicemente abbia una certa familiarità con le emozioni (quindi tanti,
direi!). A chi, come me, con le emozioni ci lavora da tanti anni (oltre a
conviverci praticamente dalla nascita), non può che fare piacere e veramente mi
ha incuriosito tanto leggere critiche a favore o a sfavore del film,
approfondimenti sulle varie emozioni, domande, dubbi, risposte.
Tra le tante mi ha colpito, recentemente, la recensione di
Goffredo Fofi su Internazionale che ho trovato apocalittica e veramente molto
poco centrata sia rispetto al tema delle emozioni che rispetto a quello della
metafora (che bisognerebbe avere sempre abbastanza presente quando si va a
guardare un cartone animato). È vero, Fofi ammette fin da subito il suo
pregiudizio per “pupazzetti dagli occhi di manga e per i peluche giganti” ma
trovo comunque esagerato che la sua conclusione sia che nel mondo descritto da Inside
Out
Svanisce il libero arbitrio e resta l’idea di una “macchinosa” manipolazione delle nostre azioni.
È insomma – forse esagero, ma forse no – come se, partendo non a caso dai bambini, un potere nuovo voglia abituarci all’idea di una nostra dipendenza da entità astratte ma ben presenti nella realtà, e voglia abituarci ad agire di conseguenza, assistiti e guidati da chi pensa per noi e ci spinge dove vuole lui. [Goffredo Fofi, qui]
Insomma, quel che è arrivato a Fofi è che il nostro
comportamento è totalmente guidato dalle emozioni che funzionano come entità
astratte che qualcuno ha infilato nel nostro corpo al solo scopo di guidare il
nostro comportamento. Fofi non ha capito due cose: la prima che il meccanismo
dei pupazzetti-emozione vuole solo rappresentare qualcosa di molto più
complesso (vedi la metafora di cui sopra), la seconda che le emozioni non sono
estranee al nostro funzionamento, ma ne fanno parte, e rappresentano solo un
tassello del processo che porta a mettere in atto una serie di comportamenti la
cui definizione non è decisa a prescindere ma è il risultato di componenti
sociali, personali, culturali e molto altro ancora.
Semplificando, le emozioni, di fatto, nel complesso processo
di relazione tra l'individuo ed il mondo, si posizionano a metà strada tra il
mondo e ciò che noi facciamo nel mondo, dato che possiamo definirle come
reazioni fisiologiche, psicologiche, cognitive e comportamentali a ciò che avviene intorno a noi. Risposte
che nascono in automatico nel nostro organismo e che hanno lo scopo di
salvaguardare gli istinti innati di sopravvivenza, difesa, riproduzione ecc.,
ma che si trasformano in comportamento in maniera allo stesso tempo universale ma diversa da soggetto a
soggetto. La paura ad esempio è l’emozione tradizionalmente deputata al
mantenimento delle sicurezza, legata alla percezione di un pericolo ed alla
potenziale minaccia; il comportamento di elezione in questo caso è la fuga, ma
sappiamo bene che tale fuga può essere messa in atto in decine di modalità
diverse dal fingersi morti, allo scappare vero e proprio, fino all'attacco,
comportamento controfobico che spesso mettiamo in atto di fronte a pericoli che
riteniamo di poter fronteggiare o che non riconosciamo come tali.
Su quali e quante siano le emozioni gli studiosi si
interrogano da anni e, pur oscillando tra approcci categoriali e dimensionali,
è in gran parte accettata la distinzione tra emozioni primarie ed emozioni
secondarie, dove le primarie
possono essere generalmente definite come emozioni non consapevoli (dettate dall’istinto e non dalla ragione), innate (possedute almeno in potenza fin dalla nascita) e universali (comuni a tutti gli esseri umani al di là della loro origine geografica e culturale). Le emozioni primarie sono biologicamente primitive, di breve durata e hanno un forte valore adattivo essendo capaci di assicurare la sopravvivenza individuale e della specie attraverso la preparazione all’azione... (Secchiano, 2014)Tra i vari modelli uno di quelli che riscuote maggiori consensi è il modello categoriale di Ekman che distingue sei emozioni primarie: Paura, Tristezza, Rabbia, Gioia, Sorpresa e Disgusto/Disprezzo. Plutchik elabora, invece, un modello ad 8 emozioni (aggiungendo Accettazione e Attesa) e ben delinea il processo attraverso cui si passa dallo stimolo, alla percezione, alla risposta emozionale, al comportamento.
(Secchiano, 2014)
Trova le differenze
Le emozioni nel modello di Ekman
(Secchiano, 2014)
Le emozioni in Inside Out
Trovate le differenze? Non è una sorpresa; nel modello
scelto dagli autori di Inside Out manca l’emozione Sorpresa, omessa per non
meglio identificati motivi di scenografia, e riammessa in una infografica,
diffusa dalla produzione, come prodotto dell’incrocio tra Paura e Gioia.
Ma che c’entra tutto questo con i
libri, direte voi? C’entra, c’entra! Leggere un libro e guardare un film hanno
molte cose in comune, non a caso spesso i film non sono altro che trasposizioni
di libri (e, talvolta, viceversa). La lettura è fortemente legata alle
emozioni, perché leggiamo di emozioni e sperimentiamo emozioni nel leggere. Ci emozioniamo
nel momento della scelta, mentre leggiamo, quando chiudiamo il libro per l’ultima
volta arrabbiati, disgustati o tristi e di questo vorremmo parlare con voi.
Partiremo a breve con un ciclo di
post-incontri su libri ed emozioni. Proporremo alcune bibliopillole, ma
soprattutto vorremmo raccogliere le vostre bibliopillole emozionali. Quali
libri vi hanno dato quali emozioni, quali consigliereste per sperimentare o esorcizzare.
Teniamo molto a questa
iniziativa.
Sarà emozionante!
Non pensate?
Per approfondire
Ekman P. (2008) Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste, Amrita.
Plutchik R. (1995) Psicologia e biologia delle emozioni, Bollati Boringhier.
Secchiano L. (2014) EMOZIONI - storia, biologia, psicologia e loro influenza sul processo decisionale, Narcissus.me.
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