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lunedì 14 dicembre 2015

Emozioni in Farmacia: La Rabbia

Facili all’ira sopra la terra
siamo noi di stirpe umana.
(Omero)

La rabbia è l’emozione più temuta e meno controllabile. Un accesso di collera fa affluire il sangue lungo gli arti per predisporre il corpo a scattare, la frequenza cardiaca aumenta per consentire azioni vigorose: tutto il resto passa in secondo piano, l’intero organismo è sotto lo scacco di un’ alterazione che si manifesta sotto forma di avversione verso l’esterno, gli altri o anche se stessi.

E’ l’emozione della territorialità, istintivo bisogno di relazione esclusiva e controllo con una porzione di ambiente, per soddisfare i propri bisogni, procacciarsi cibo e anche per esprimere primariamente un potere sociale. L’aggressività ha dunque la doppia funzionalità di protezione del territorio vissuto come proprio e di conquista di nuovi. Quando siamo in posizione di difesa l’aggressività è vissuta più propriamente come rabbia; se invece ci si trova in condizione di attacco-conquista con effetto positivo la si avverte come trionfo, con effetto negativo (siamo costretti a ritirarci in seguito al fallimento della nostra azione di occupazione) come ira. Un’emozione paradossale derivata da una delle polarità più complesse da gestire, poiché con gli stessi comportamenti legati alla violenza abbiamo la possibilità di proteggerci o aggredire e non è un caso che da sempre filosofia, psicologia e letteratura si interroghino alla ricerca dell’equilibrio esistenziale tra attacco-difesa.

Forse proprio per questo, la rabbia è l’emozione che più si tende a controllare durante la crescita di un individuo. Recentemente, durante un laboratorio di lettura e creatività sulle emozioni, alcune mamme hanno chiesto per quale motivo molti dei bambini avevano scelto di mettere in scena e dipingere proprio la rabbia. E se fosse perché è l’emozione che più si richiede di soffocare? L’esperienza di esprimerla liberamente recitandola deve essere stato esaltante e liberatorio per loro a fronte dei continui messaggi provenienti dagli adulti che chiedono di “non essere arrabbiati”, come se la rabbia fosse in sé sbagliata.

Filosoficamente, si è insistito sul fatto che la collera sia molto legata all'umiliazione del proprio Sé. Si reagisce di fronte ad un’offesa, un’ingiustizia, una mancanza di comprensione. Ma cercando di reagire, lo stesso Io si presenta agli altri come selvaggio, minaccioso, incapace di controllarsi, il che in talune dinamiche sociali peggiora la propria condizione di autostima. La rabbia è un’emozione evidente, che non si può nascondere, è “pubblica” e quindi soggetta a giudizio, indica quanto siamo vulnerabili nel nostro desiderio di imporci o difenderci.

Ciò che andrebbe sottolineato è che la rabbia di per sé, al pari delle altre emozioni, non è giusta o sbagliata, buona o cattiva, è il comportamento che scegliamo, quello che decidiamo di fare con essa che può essere giudicato come opportuno o meno. Espressa soltanto violentemente, con l’intenzione di nuocere all'altro, come forma di attacco, è spesso negativo, ma la funzione di difesa di sé, di protezione di diritti violati è indubitabilmente positiva. È il risultato di una frustrazione che VA espressa, poiché la repressione causa stati ben peggiori, anche a livello somatico.

Ascoltare la rabbia insegna a conoscere i nostri reali bisogni, i nostri valori, ci aiuta ad essere più autentici con noi stessi e a intrattenere relazioni più leali con le persone che ci circondano. Possiamo dunque imparare non a soffocarla ma a scegliere cosa farne, quando attaccare, quando scappare, quando difenderci o aggredire, andare verso per conquistare. E non giudichiamo, non giudichiamoci per la nostra rabbia, ma educhiamo noi stessi e i nostri bimbi ad imparare a gestirla. Responsabilmente, cioè con la consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni.

E facciamolo anche, perché no?, sperimentandoci nel contattare la rabbia attraverso i libri.

La letteratura è zeppa di eroi rabbiosi (pensiamo ad Achille) e frustrati, che rispondono irosi all'assurdità della vita, che è uno dei più potenti motivi di rabbia, non dimentichiamolo. 
Proporre testi che siano legati a questa emozione è davvero arduo, poiché un libro può parlare della rabbia di fronte all'ingiustizia, all'ottusità, alla propria inadeguatezza, può esso stesso suscitare rabbia (è capitato infinite volte!) per cui quella che segue è un’operazione squisitamente personale.



C. Palahniuk, Rabbia

Il primo libro che ci è venuto in mente è (non solo per l’assonanza) Rabbia di Palahniuk, autore difficile, di quelli che può perfino far arrabbiare per il modo stesso in cui scrive, spesso violento e fuori dalle righe. Trama strana, un personaggio che fa della ribellione rabbiosa la sua icona e che tramit la stessa rabbia dei suoi conoscenti viene tratteggiato per ciò che davvero è. Disvelante, insomma.  




S. Vassalli, La Chimera


Poi si è pensato a La chimera del nostro Sebastiano Vassalli, e a tutta la rabbia inghiottita tra le lacrime di fronte alla ottusa intolleranza medioevale (e non solo): la rabbia nei confronti della violenza di radice culturale, quella strumentale al potere.





M. Franzoso, Il bambino indaco

Di altro tono Il bambino indaco, di Marco Franzoso. Una storia purtroppo più comune di quel che si pensa, come testimoniano ogni anno le notizie di madri o padri che agiscono con violenza nei confronti di bimbi e neonati. Ma fa riflettere il flusso di emozioni che scatena la figura materna: madre inadeguata che si tende a giudiacre, cercare e trovare un colpevole è talmente insito in noi, che anche in questo caso la si condanna. Eppure proprio la rabbia riporta alla realtà e come uno schiaffo ricorda che non esistono solo belle e felici famiglie e belle e serene gravidanze, ma anche tante storie tristi, storie di rabbia, di rancori e che solo parlandone e affrontandole è possibile trovare uno spiraglio, se non una strada, per risalire la china.

S. Kinsella, I love shopping


Per chiudere in “leggerezza”, questo libro ci ha fatto proprio tanta rabbia: al di là del messaggio sessista donna = essere frivolo preda di manie compulsive, che già sarebbe argomento di discussione, il romanzo racconta situazioni paradossali che vogliono divertire con "leggerezza"; tutto sommato non è nemmeno scritto male, ma l’idea che si possa giocare con tanta inconsistenza su una protagonista che è una giornalista ma risulta essere terribilmente stupida, alla fine, non ci è piaciuta. Gli stereotipi si cavalcano anche grazie alla superficialità, purtroppo.





Anche questa volta attendiamo con ansia di sapere quali libri hanno suscitato in voi rabbia, l’hanno placata, l’hanno trasformata.

A presto,
Emma e Valeria

Per chi volesse approfondire, chi scrive ha letto, studiato, amato in tempi remoti e non:

Goleman D., Intelligenza Emotiva. Che cos'è e perché può renderci felici, Bur Rizzoli, 2011
Bodei, R., Ira. La passione furente, Bologna, il Mulino, 2011

































lunedì 26 ottobre 2015

Bibliopillole emozionali

C’è poco da dire: l’uscita nelle sale del film Disney Pixar Inside Out ha avuto l’effetto di un ciclone per il tema delle emozioni che, come non capitava da tempo, è diventato uno degli argomenti più citati sul web da specialisti, genitori, figli, giornalisti e chiunque abbia visto il film o semplicemente abbia una certa familiarità con le emozioni (quindi tanti, direi!). A chi, come me, con le emozioni ci lavora da tanti anni (oltre a conviverci praticamente dalla nascita), non può che fare piacere e veramente mi ha incuriosito tanto leggere critiche a favore o a sfavore del film, approfondimenti sulle varie emozioni, domande, dubbi, risposte.
Tra le tante mi ha colpito, recentemente, la recensione di Goffredo Fofi su Internazionale che ho trovato apocalittica e veramente molto poco centrata sia rispetto al tema delle emozioni che rispetto a quello della metafora (che bisognerebbe avere sempre abbastanza presente quando si va a guardare un cartone animato). È vero, Fofi ammette fin da subito il suo pregiudizio per “pupazzetti dagli occhi di manga e per i peluche giganti” ma trovo comunque esagerato che la sua conclusione sia che nel mondo descritto da Inside Out
Svanisce il libero arbitrio e resta l’idea di una “macchinosa” manipolazione delle nostre azioni.
È insomma – forse esagero, ma forse no – come se, partendo non a caso dai bambini, un potere nuovo voglia abituarci all’idea di una nostra dipendenza da entità astratte ma ben presenti nella realtà, e voglia abituarci ad agire di conseguenza, assistiti e guidati da chi pensa per noi e ci spinge dove vuole lui. [Goffredo Fofi, qui]
Insomma, quel che è arrivato a Fofi è che il nostro comportamento è totalmente guidato dalle emozioni che funzionano come entità astratte che qualcuno ha infilato nel nostro corpo al solo scopo di guidare il nostro comportamento. Fofi non ha capito due cose: la prima che il meccanismo dei pupazzetti-emozione vuole solo rappresentare qualcosa di molto più complesso (vedi la metafora di cui sopra), la seconda che le emozioni non sono estranee al nostro funzionamento, ma ne fanno parte, e rappresentano solo un tassello del processo che porta a mettere in atto una serie di comportamenti la cui definizione non è decisa a prescindere ma è il risultato di componenti sociali, personali, culturali e molto altro ancora.
Semplificando, le emozioni, di fatto, nel complesso processo di relazione tra l'individuo ed il mondo, si posizionano a metà strada tra il mondo e ciò che noi facciamo nel mondo, dato che possiamo definirle come reazioni fisiologiche, psicologiche, cognitive e comportamentali a ciò che avviene intorno a noi. Risposte che nascono in automatico nel nostro organismo e che hanno lo scopo di salvaguardare gli istinti innati di sopravvivenza, difesa, riproduzione ecc., ma che si trasformano in comportamento in maniera allo stesso tempo universale ma diversa da soggetto a soggetto. La paura ad esempio è l’emozione tradizionalmente deputata al mantenimento delle sicurezza, legata alla percezione di un pericolo ed alla potenziale minaccia; il comportamento di elezione in questo caso è la fuga, ma sappiamo bene che tale fuga può essere messa in atto in decine di modalità diverse dal fingersi morti, allo scappare vero e proprio, fino all'attacco, comportamento controfobico che spesso mettiamo in atto di fronte a pericoli che riteniamo di poter fronteggiare o che non riconosciamo come tali.
Su quali e quante siano le emozioni gli studiosi si interrogano da anni e, pur oscillando tra approcci categoriali e dimensionali, è in gran parte accettata la distinzione tra emozioni primarie ed emozioni secondarie, dove le primarie
possono essere generalmente definite come emozioni non consapevoli (dettate dall’istinto e non dalla ragione), innate (possedute almeno in potenza fin dalla nascita) e universali (comuni a tutti gli esseri umani al di là della loro origine geografica e culturale). Le emozioni primarie sono biologicamente primitive, di breve durata e hanno un forte valore adattivo essendo capaci di assicurare la sopravvivenza individuale e della specie attraverso la preparazione all’azione... (Secchiano, 2014)
Tra i vari modelli uno di quelli che riscuote maggiori consensi è il modello categoriale di Ekman che distingue sei emozioni primarie: Paura, Tristezza, Rabbia, Gioia, Sorpresa e Disgusto/Disprezzo. Plutchik elabora, invece, un modello ad 8 emozioni (aggiungendo Accettazione e Attesa) e ben delinea il processo attraverso cui si passa dallo stimolo, alla percezione, alla risposta emozionale, al comportamento.

(Secchiano, 2014)

Trova le differenze

Le emozioni nel modello di Ekman
(Secchiano, 2014)

Le emozioni in Inside Out



Trovate le differenze? Non è una sorpresa; nel modello scelto dagli autori di Inside Out manca l’emozione Sorpresa, omessa per non meglio identificati motivi di scenografia, e riammessa in una infografica, diffusa dalla produzione, come prodotto dell’incrocio tra Paura e Gioia.



Ma che c’entra tutto questo con i libri, direte voi? C’entra, c’entra! Leggere un libro e guardare un film hanno molte cose in comune, non a caso spesso i film non sono altro che trasposizioni di libri (e, talvolta, viceversa). La lettura è fortemente legata alle emozioni, perché leggiamo di emozioni e sperimentiamo emozioni nel leggere. Ci emozioniamo nel momento della scelta, mentre leggiamo, quando chiudiamo il libro per l’ultima volta arrabbiati, disgustati o tristi e di questo vorremmo parlare con voi.
Partiremo a breve con un ciclo di post-incontri su libri ed emozioni. Proporremo alcune bibliopillole, ma soprattutto vorremmo raccogliere le vostre bibliopillole emozionali. Quali libri vi hanno dato quali emozioni, quali consigliereste per sperimentare o esorcizzare.
Teniamo molto a questa iniziativa.
Sarà emozionante!
Non pensate?

Per approfondire
Ekman P. (2008) Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste, Amrita.
Plutchik R. (1995) Psicologia e biologia delle emozioni, Bollati Boringhier.
Secchiano L. (2014) EMOZIONI - storia, biologia, psicologia e loro influenza sul processo decisionale, Narcissus.me.

giovedì 16 ottobre 2014

Dell'utilità dei mostri

L’ autunno è sempre foriero di riflessioni malinconiche e intimiste, favorite dallo sfondo di una natura dai colori caldi e accesi, dall'aria più frizzante che ci fa stringere le giacche al petto (un abbracciarsi per proteggersi dall'imminente arrivo del freddo), dagli odori che ricordano camini accesi e legna umida, dal suono crepitante di quel tappeto naturale di foglie secche che ottobre ci srotola sotto i piedi.



Una bellezza struggente che spesso porta con sé un remoto disagio, una sensazione che fa presagire il buio invernale e che quindi svela tutte le paure suscitate atavicamente dall'in-visibile, ciò che si cela dove non c’è luce. 
Per i contadini questa è la stagione più ricca di riti e tradizioni, che servono per rigenerare la terra durante il riposo invernale e propiziare la sua fertilità; è tempo di bilanci (anche zodiacalmente), di riflessione su ciò che si è fatto e quindi su quello che c’è da fare per il prossimo anno: un ripiegamento su se stessi per avviare una silenziosa rigenerazione, nel grembo della terra, affinché si rinasca a nuova vita. Del resto, in campagna in autunno c’è molto da fare: si prepara il vino, si raccolgono ortaggi, i boschi offrono castagne, funghi, mirtilli e lamponi; si raccoglie la legna, scorta di luce e calore per i rigidi mesi invernali. Non a caso il simbolo chiave di questo periodo nella tradizione celtica era la cornucopia: la cesta dell'abbondanza. E infatti la parola latina auctumnus deriva dalla radice del verbo augere, ovvero “aumentare, arricchire”.

Però … la luce del giorno dura sempre meno; i colori caldi si spengono per lasciare il posto al nebbioso grigiore umido che fa da sfondo agli alberi ormai spogli, tetri e scheletrici. L’autunno inoltrato coincide con una serie di rituali che ogni cultura, in ogni tempo e luogo, non ha mai omesso di celebrare: i cristiani si preparano a onorare i santi, i celti festeggiano il Capodanno (Samhain) e un po’ ovunque viene ripresa la tradizione anglosassone di intagliare zucche, soprattutto negli ultimi anni. Un curioso miscuglio di folclori e credenze pagane, antropologiche e religiose per segnare il passaggio dalla luce al buio: una soglia, un piede nella conclusione e un altro nell'inizio. Il ripetersi eterno dell'alternanza vita morte; è per questo che la terra si popola di “mostri”, prodigi, creature straordinarie e contro natura, che arrivano, appunto, per mostrare ed avvertire, per ricordare tramite la paura il lato oscuro di ogni vita. Gli esorcismi messi in atto per scongiurare il loro avvicinarsi illuminano Jack O'Lantern, spingono a prendersi beffe di loro imitandoli, aiutano a convivere con il buio e ciò che non si conosce. 

Insomma, una stagione nella quale “l’umore nero” può e deve essere scacciato dalla consapevolezza dell’alternanza; da un girotondo con tutti i mostri possibili. 

Mi viene in mente un libro da inserire fra i rituali propiziatori per l’inverno; si chiama “Il popolo dell’autunno”, di Ray Bradbury. Storia di ragazzini che nel periodo di Halloween combattono le forze del Male per ritrovarsi adulti. Ma no, non è così banale: è un piccolo capolavoro scritto magnificamente, un tripudio di giostre e tendoni da circo, di streghe portate dal vento autunnale, di voglia e terrore di crescere, della necessità di conservare sempre un pizzico di ironia fanciullesca per continuare anche da adulti a fare i conti con ogni tipo di incubo.

“La risata è un re e fa quel che vuole”

E, se vi va di darci una mano a costruire una cosuccia che abbiamo in mente, perché non ci dite un po' quali sono le emozioni che colorano il vostro autunno? E con quali libri le coltivate? O esorcizzate?

Buon autunno a tutti!

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