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sabato 15 ottobre 2016

Bugiardini d'autunno: di campane da sollevare

Sylvia Plath, La campana di vetro (Mondadori)

Ci sono libri che aspettano. Attendono pazienti che si possa leggerli ...

 

Uno stile lineare e pulito, che traduce un pensiero adolescenziale, racconta per la prima metà del romanzo l'ingenuo affacciarsi di una ragazza diciannovenne alla società crudele e patinata dell' America degli anni Cinquanta, vincitrice di un soggiorno a New York offerto da una casa di moda per la quale dovrebbe iniziare a scrivere. L'essere catapultata fuori da una provincia molto chiusa e gretta nella grande metropoli inebria prima e pian piano destabilizza la giovane. Si disegna a poco a poco quello che la stessa protagonista chiama "uno zombie", un lato oscuro di insoddisfazione e inadeguatezza che le fa calare addosso una "campana di vetro", rinchiudendola in un mondo alienato, confondendo la necessità di proteggersi con lo schiacciarsi da sola verso l'inesorabile strada dello squilibrio. 
La seconda parte vede cambiare in maniera radicale lo stile che diventa spezzato, confuso, a tratti frenetico o insensatamente languido. 
Eran ventun notti che non dormivo. Mi sembrava che la cosa più bella del mondo doveva essere l'ombra, le mille mobili forme e i mille anfratti dell'ombra. C'era ombra nei cassetti delle scrivanie, negli armadi, nelle valigie, ombra sotto alle case, gli alberi, le pietre, ombra dietro gli occhi e i sorrisi della gente, e ombra, miglia e miglia e miglia di ombra, sulla faccia notturna della terra. 
La sua volontà è annientata, la realtà intorno si confonde con i sogni cupi di una autodeterminazione al porre fine a tutto. Tornata al suo paese il bigottismo dei concittadini, l'incapacità di comprensione della madre, l'orrore delle cure psichiatriche aggraveranno ulteriormente le sue condizioni fino a che una dottoressa non la avvierà con pazienza verso una lenta guarigione.

Mi ha molto colpito la storia della pubblicazione:
Dubito che a qualcuno mai venga in mente di leggere questo libro
Questa frase è tratta dalla lettera di rifiuto che fu inviata da una casa editrice dopo che l'autrice aveva rivelato il suo vero nome (sotto pseudonimo aveva già ricevuto un diniego da un altro editore); nonostante la sua fama di poetessa, le pagine travagliate di una donna depressa sembrarono troppo inadatte al pubblico di figli del baby boom del dopoguerra. 
Nel 1963 il romanzo fu poi pubblicato, sotto pseudonimo, da un altro editore a Londra. 

Un mese dopo Sylvia Plath morì suicida.
E' la sua unica opera in prosa e la madre ostacolò in ogni modo la pubblicazione negli Stati Uniti, dove comparve sugli scaffali solo nel 1971

Scrivevo nella prima riga di questo bugiardino che certi libri hanno un peso che va al di là del valore letterario o dell'incanto narrativo; perchè riaccendono echi, costringono a fermarsi a riflettere su quanto le convenzioni, le costruzioni ingabbianti delle morali, i pregiudizi possano diventare più spesso di quel che si possa credere campane di vetro sospese sulle nostre anime. Credo che esse si abbassino e si rialzino molte volte nel corso delle nostre esistenze, e ciò che serpeggia nelle pagine di questo romanzo è la paura segreta che cova dentro ognuno di noi di rimanere prima o poi stanchi e senza forze, rischiando di non riuscir più ad infrangere muri di cristallo. 

Così come ci si ritrova a pensare che le frustrazioni, gli sgomenti, il sentirsi incapaci o inadatti spesso più che risultato di patologie psichiatriche non sono altro che un mancato riconoscimento della diversità di ognuno di noi da parte di società fossilizzate su etiche, preconcetti, e fanatismi che diventano comportamenti standard al di fuori dei quali non si è più "normali'. Troppo spesso è lo stesso ambiente intorno a noi a tenerci entrambe le mani, su quella campana, strumentalizzando i concetti stessi di "follia" e "normalità".

E quando si chiude il libro dopo aver letto l'ultima pagina si respira a pieni polmoni guardando verso l'alto, rammaricandosi soltanto che la stessa sorte o forse lo stesso coraggio sia mancato a chi quelle pagine di riscatto finale ha scritto.

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