Ieri sul gruppo fb si è parlato di un po' di emozioni, di quelle nate dai libri e dei motivi per cui a volte le sbrodoliamo subito addosso a chiunque ci capiti a tiro e altre volte facciamo fatica a raccontarle anche solo a noi stessi.
Altre volte non è nemmeno ben chiaro di quali emozioni si stia parlando.
Ci sono emozioni che non vogliamo riconoscere? Altre che conosciamo bene e ci sembrano poco socialmente presentabili?
Queste, ed altre, domande me le faccio da un po', per l'esattezza da quando ho terminato di leggere La cicala dell'ottavo giorno (Mitsuyo Kakuta, ed. Neri Pozza) e mi sono accorta di non riuscire a scriverne e di aver finito il libro emozionata, ma con la cosiddetta faccia a punto interrogativo.
Emozioni, si, ma quali? E per chi?
La cicala dell'ottavo giorno è il racconto di una donna che impazzisce, di una bimba sequestrata e separata dai genitori, di una famiglia che si ricostituisce e a poco a poco va avanti, di una due tre donne in una cultura come quella giapponese dove ancora agli uomini è permesso tutto e alle donne meno.
Perché nel libro le cose non sono così nette e chiare come si vorrebbe, i personaggi non sono buoni o cattivi come nelle favole e i colori non si limitano al bianco o al nero, ma obbligano a considerare tutte le infinite sfumature di colore, anche quelle sporche e bruttarelle che non vorremmo nell'arcobaleno.
Riuscireste a capire a chi si riferiscono, o di chi parlano, questi brevi estratti? Chi sono le vittime, chi i carnefici? Chi è buono o chi è cattivo?
- Di certo non aveva mai visto così tante stelle in vita sua. (...) Le città, il mare, le montagne, il cielo infinito, la luna piena, le stagioni, i treni, gli alberi e i fiori, i luna park, gli animali, i supermercati, i negozi di giocattoli... sono tutte cose che ha potuto vedere solo nei libri illustrati. Non ha potuto conoscere e sperimentare queste cose e tante altre ancora. (...) D’ora in poi ti restituirò tutto, piccina mia (...) Ti ridarò il mare e le montagne, e anche i fiori a primavera e la neve durante l’inverno. E ti darò elefanti così enormi che non riuscirai a credere ai tuoi occhi e cani in fedele attesa dei loro padroni. E poi tante favole dal finale struggente e musica talmente bella da farti sospirare di meraviglia.
- Essere svegliata tutte le mattine e trovare la colazione pronta in tavola; avere dei buoni amici con i quali giocare ogni giorno all'aria aperta e con i quali ridere e chiacchierare durante il pranzo; essere presa per mano alla sera da una madre premurosa e fare lunghe passeggiate insieme a lei, una madre capace di prepararti una cena gustosa sempre alla stessa ora e di leggerti le fiabe fino ad accompagnarti nel dolce mondo dei sogni; vivere in una casa pulita e ordinata, con tanto verde all'esterno, in un posto dove le persone ti salutano e ti sorridono quando le incroci per strada e dove il mare è raggiungibile a piedi: ecco ciò che avevo perduto, la vita di una principessa in una terra lontana.
- Lui entrava e nostra madre andava via, come a darsi il cambio. Non accadeva esattamente tutte le sere, ma le volte in cui usciva superavano di gran lunga quelle in cui restava a casa. Per un bel pezzo io e Marina continuammo a pensare che lavorasse anche di notte. In seguito ci rendemmo conto che andava a divertirsi con le amiche: uno sparuto gruppo di donne di mezza età che frequentava i bar della zona, qualche discoteca e i karaoke, che giusto in quel periodo cominciavano a godere di una certa popolarità. «Non posso farci nulla» mi confessò una volta, all’epoca in cui frequentavo la scuola media, «ma ogni volta che ti guardo mi viene in mente quella donna. Il solo ricordarmi di lei mi spinge a odiare sempre di più tuo padre. Perché devo essere soltanto io a soffrire? Non ce la faccio a restarmene chiusa in casa, ho bisogno di uscire, di svagare la mente
Io mi ero fatta un'idea, poi l'ho cambiata, poi l'ho cambiata ancora e ad oggi continuo a chiedermi se l'idea è davvero così confusa o se, semplicemente, è così contraria ad ogni normale morale da non poter essere accettata.
Fonte: Editore