La paura non può essere senza speranza né la speranza senza paura.
(Baruch Spinoza)
Buuuuhhh!!!!
L’emozione più frequente, temuta,
controversa, tra quelle che si provano quotidianamente. In genere la si rifugge,
si cerca in tutti i modi di evitarla eppure … talvolta la si cerca, la si
provoca.
Cosa avrà mai, di così potente,
la PAURA??
Legata alla difesa e alla
conservazione e fondamentale per il processo evolutivo, la paura è prodotta da
una straordinaria architettura che partendo dalla sensorialità coinvolge tronco
encefalico, corteccia cerebrale, ippocampo e amigdala. Un movimento colto con
la coda dell’occhio mentre si cammina in una strada buia e deserta viene
trasmesso e confrontato con quanto si ha in memoria per provare ad
interpretarlo. Nel frattempo l’attenzione viene fissata sul punto dove ci è sembrato di vedere
qualcosa e un sistema d’allarme “neurotrasmette” (producendo noradrenalina e
dopamina) segnali che ci fanno tendere i muscoli, aumentano la reattività
complessiva, accelerano il battito cardiaco, rallentano la respirazione,
mettono in tensione stomaco ed intestino. Lo scopo è preparare l’organismo alla
fuga (o cercare un luogo dove nascondersi, si pensi alla temporanea “paralisi”
che spesso la paura provoca) mentre ci
si concentra sulla valutazione della minaccia.
Ma non si tratta solo di uno
stato fisiologico. Il sistema emotivo è
legato alla ragione umana, si interseca con le nostre capacità logiche:
pensiero ed emozione (l’antico dualismo mente e cuore) sono strettamente interconnessi.
Il pensiero filosofico, ad
esempio, è figlio della paura. Nasce per scongiurare il più antico degli
sgomenti, l’origine di tutte le fobie: la mancanza di conoscenza. Non sapere
cosa ci possiamo aspettare, non comprendere uno sconosciuto che ci si avvicina,
non riconoscere ciò che ci circonda, queste sono le radici di ogni disagio
esistenziale. E’ dunque sempre originata da ALTRO da sé? Ha sempre un oggetto?
Si può anche avere paura di
qualcosa di indeterminato, di non specifico: della mancanza di senso, ad
esempio, della infinita serie di possibilità che si aprono davanti al nostro
agire e di fronte alle quali non sappiamo che fare. La paura al cospetto di se
stessi è chiamata angoscia. Camminando lungo un sentiero molto stretto, sul
ciglio di un burrone, si ha paura di scivolare o di essere colpiti da un masso
e quindi di perdere l’equilibrio o di uno smottamento del terreno. Ma si prova
angoscia di fronte alla possibilità, per quanto remota, di decidere
consapevolmente di lanciarsi giù nello strapiombo: è pur sempre una fra le
infinite eventualità contemplate dalla nostra libertà di azione. Dunque
l’angoscia si prova davanti alla propria incapacità di fare le scelte giuste: è
una condizione umana inevitabile, tuttavia, perché ci fa prendere consapevolezza
della nostra precarietà, dei nostri limiti e (paradossalmente) anche delle nostre
potenzialità. Si prova angoscia di fronte alla propria libertà, essa sì,
infinita, al contrario della nostra esistenza.
Rimediare alla paura e all’angoscia
è un compito filosofico: l’attribuzione di senso (argomentazioni, spiegazioni,
dimostrazioni, costruzioni di valori) esorcizza il malessere, l’ansia, i
timori. La stessa riflessione sulla paura squarcia le ombre, illumina
l’immagine di se stessi di fronte allo specchio, inducendo alla accortezza e
ricordandoci la nostra vulnerabilità. Non riconoscere questa emozione come un
tentativo di scongiurare l’incapacità di trovare una risposta a tutto è
rischioso, può generare superstizioni, falsi ideologici: storicamente la paura
è uno strumento di potere. Va invece trasformata in uno mezzo per porsi alla ricerca
di se stessi: non è detto che ci si
trovi, ma il cammino vale comunque la pena.
Questo potrebbe essere il motivo
per cui spesso cerchiamo la paura. Guardiamo film horror, leggiamo thriller e
noir, saliamo su impervie montagne russe. Cosa ci spinge a provare un’emozione
che di solito rifiutiamo, a farci paralizzare dallo sgomento, a provare i
brividi dell’adrenalina? Proprio la necessità di continuare a sentirci vivi. Nonostante
tutto.
Proporvi delle bibliopillole
emozionali è un compito arduo: scegliere libri che fanno semplicemente paura o
che la fugano? Abbiamo pensato a dei titoli che esplorano diverse sfaccettature
di questa emozione perché possano diventare strumenti per una consapevole prudenza. Su noi stessi, sugli altri, sul mondo.
Ora però attendiamo le vostre: vogliamo farci emozionare da voi, conoscere gli autori che vi hanno fatto accapponare la pelle o che vi hanno insegnato a gestire o a conoscere la paura... Il senso ultimo di questo lavoro sulle emozioni è proprio la condivisione.
Grazie e buona lettura.
Ora però attendiamo le vostre: vogliamo farci emozionare da voi, conoscere gli autori che vi hanno fatto accapponare la pelle o che vi hanno insegnato a gestire o a conoscere la paura... Il senso ultimo di questo lavoro sulle emozioni è proprio la condivisione.
Grazie e buona lettura.
La paura dell’irrazionale, lo
spavento procurato da ciò che non rientra nel naturale, nell’umano. Archetipi
senza tempo: fantasmi, presenze invisibili, il doppio di se stesso. Un horror elegante, racconti che fanno della letteratura qualcosa
che genera spavento. Meglio di un giro nel Castello degli Orrori.
“Oh, il
ricordo! Il ricordo, immagine dolorosa, immagine bruciante, immagine vivente,
orribile immagine che fa soffrire mille torture!”
La più ancestrale delle paure: la diversità. Un libro meraviglioso
che racconta il razzismo e il pregiudizio nell’Alabama degli anni Trenta:
insieme il male e la cura negli occhi e nelle parole dei bambini che narrano.
“Prima di vivere con gli altri, bisogna che viva con me stesso: la coscienza è l'unica cosa che non debba conformarsi al volere della maggioranza.”
Un pericoloso psicopatico ed una psichiatra: l’inquietante paura
di guardarsi dentro, di lasciare che qualcuno acceda alle porte di ciò che
abbiamo sepolto nell’inconscio.
"Me lo dirai quando
quegli agnelli smetteranno di gridare, vero?", le grida da lontano.
Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella
Romanzo distopico ambientato in un futuro prossimo, una società totalitaristica in cui le donne sono sottomesse. La paura della libertà, delle scelte; e la facilità con cui questa paura diventa strumento di controllo e di gestione del potere.
“Esiste più di un genere di
libertà, diceva zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia,
c’era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo”
Per chi volesse approfondire, chi scrive ha letto, studiato,
amato in tempi remoti e non:
Goleman D., Intelligenza Emotiva. Che cos'è e perché può
renderci felici, Bur Rizzoli, 2011
Heidegger M., Essere e Tempo, Mondadori, 2011
Sartre J.P., L’Essere e il Nulla, Il Saggiatore, 2008
Kierkegaard S., Il Concetto dell’Angoscia, SE, 2007