sabato 12 aprile 2014

Il diritto di amare (e non amare)

"Ho cominciato la mia vita come senza dubbio la terminerò: tra i libri. Nell'ufficio di mio nonno ce n'era dappertutto; era fatto divieto di spolverarli, tranne una volta all'anno, prima della riapertura delle scuole. Non sapevo ancora leggere, ma già le riverivo queste pietre fitte: ritte o inclinate, strette come mattoni sui ripiani della libreria o nobilmente spaziate in viali di menhir..." Le parole, JP Sartre
Ci piace vincere facile, a noi lettori dal DNA tarato, a noi che in mezzo ai libri ci siamo nati, a noi che per quanto andiamo avanti o indietro con la mente non riusciamo a pensare un solo giorno della nostra vita senza libri. Ci piace raccontarcela tra di noi, parlare di libri che abbiamo condiviso con altri o che possiamo consigliare sapendo che saranno apprezzati; ci piace, quasi, immaginarci con la vista consumata da parole stampate o digitalmente visualizzate a rinunciare alla salute degli occhi piuttosto che all'ennesima pagina.
E ci piace pensare di averla nel sangue questa passione, e che sia nata così.
Eppure chi di noi ha dei figli non può non pensare, con un deciso tremolio del cuore, che gli eredi potrebbero, addirittura! magari!, crescere senza amare la lettura, senza nascondersi con una lampada sotto al piumone per finire le pagine del momento.
Eppure qualcuno, sarei pronta a giurarlo, con la passione per la lettura non ci è nato e ricorda esattamente il momento in cui questo amore è nato: può essere stata la prescrizione di un professore, il regalo di un amico, la folgorazione di una mattina per sbaglio in libreria.

Io, ad esempio, ci sono cresciuta, tra i libri. Sono nata da un padre che a dodici anni se lo mandavano a prendere il latte, prendeva poi anche i rimproveri per i ritardi ed in ritardo arrivava perché, per quanto corresse forte, non riusciva a trattenersi dal leggere qualunque cosa trovasse per strada. Quello stesso padre, nella nostra prima, piccolissima, casa aveva riempito ogni angolo dei suoi libri: li trovavo sopra e dentro il mio comodino, nella nostra libreria di bimbe, nelle vetrinette del soggiorno al posto di ninnoli e bomboniere. Ho imparato a leggere sulle sue ginocchia sbirciando l'immancabile quotidiano.

Ecco, oggi, vorrei ascoltare un po' di storie così. Come siete nati lettori? O come siete diventati, o rimasti, dei non lettori. O con chi avete tentato strategie di seduzione che facessero fiorire l'amore per la lettura come colpi di fulmine in primavera. E ci siete riusciti?

Personalmente penso che l'amore, in assoluto ed in particolare per i libri, non si possa insegnare. L'amore è un sentimento, è naturale o semplicemente non è.
E allora? Possiamo trovare un filo comune nelle varie esperienze di nascita? 

Vi aspetto.

9 commenti:

  1. Credo che il mio destino di lettrice bulimica sia rintracciabile nei primi audiolibri che guardavo girare sotto la puntina: le favole a 45 giri. Non ho memoria per le parole, ancora adesso. Colleziono sensazioni. Lo smarrimento di Pollicino nel bosco; il terrore dei tre porcellini barricati in casa. Quasi sempre dolorose, spellate. Spesso né titoli, né autori. Almeno per i primi anni. Anzi fino a pochi anni fa.
    L'illusione delle favole non è durata poi tanto. Le contraddizioni che vivo e sento, e che mal gestisco, sono riflesse nelle mie scelte “letterarie” da sempre. La fatua illusione d’amore degli Harmony presi dalla libreria della mia nonna preferita; l’identificazione con la sfiga di Paperino e l’invidia per Gastone dei Topolino nascosti il pomeriggio sotto i libri di scuola aperti sul tavolo; i pianti per il crudele destino della Signora delle Camelie di Dumas; il fascino e l’attrazione per la “generazione perduta” di Hemingway in Fiesta. Abbandonati i fumetti, ho aggredito la libreria di famiglia, soprattutto i libri ingialliti e consumati, che ho chiesto di ereditare in anticipo e che conservo gelosamente. Come per le storie d’amore, consumavo di tutto, pur di riempire i vuoti. Libri senza volto, senza nome, che, a volte, ho ripreso in mano più tardi con maggior consapevolezza. Il romanticismo anglosassone, fintanto che sono durate le illusioni, ha affiancato il cinismo esistenzialista di Sartre. La sensazione di nausea di Antoine Roquentin si alternava alla fiducia nel finale romantico di Elizabeth Bennet. Oggi l’ha scalzato quasi del tutto.
    I libri sono il mio specchio; i miei fedeli compagni; il mio buffet compensativo; il mio gruppo di auto-aiuto. Ne sono gelosa. Non ammetto bookcrossing, libri sospesi, libri prestati. Sono miei. Li rivendico. Li custodisco. E, se ormai non fossi consapevole che mi sentirò sempre un ospite scomodo (da soggetto e oggetto) in questa casa e nella vita in genere - parafrasando le parole di Michel de Le Particelle Elementari - e, come tale, troppo consapevole, sofferente, zavorrata e disincantata per poter godere di una qualche forma di leggerezza goduriosa che somigli alla felicità, direi che “quando penso a tutti i libri che mi restano da leggere, ho la certezza di poter essere ancora felice”.

    Titti

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    1. "A mille ce n'è nel mio cuore di fiabe da narrar..."
      Mi è sembrata quasi una favola anche questa, un po' triste, come alcune favole appunto. E siccome ho l'onore di conoscerti personalmente posso solo dire: si, sei tu.
      Grazie. Mi hai emozionato.
      V.

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    2. Mi sono raddrizzata a sedere nel letto e ho deciso di rispondere adesso, nonostante l'ora e la scomoditá, nonostante mi fossi imposta di pensare, ponderare, riflettere su ogni parola che avrei pronunciato, lasciato, detto, sussurrato, consigliato a chiunque, qui, in ApoTeche.
      Ma no, non é possibile. Ci sono cose che non puoi lasciare sospese nemmeno un minuto, altrimenti le perdi per sempre. Per cui ho deciso di rispondere di getto, in pigiama e con l'ipad poggiato sul cuscino, del resto facciamo anche servizio notturno, come ogni farmacia che si rispetti. É bellissimo quello che hai scritto. Perché é dolorosamente vero che intrecciamo con i libri giochi piú o meno consapevoli di rimandi, fra noi stessi e la vita, fra le nostre vite e quelle che vorremmo vivere, fra le nostre speranze e delusioni e i racconti di come vorremmo che queste si avverino o dissipino. L'ambivalenza che ogni forma di lettura rappresenta, leggerezza o profonditá, divertimento o paura, avvicinamento o allontanamento da sé, é la stessa drammatica e al tempo stesso immensamente unica esperienza della vita stessa. Siamo noi in ogni racconto, in ogni personaggio, in ogni luogo e contemporaneamente il nostro peggior nemico, l'altrove di un flashback o un futuro celato fra trenta pagine. Riempiamo il vuoto di un'esistenza che non é ciò che vorremmo o forse lo é troppo; che ci rivela ciò che siamo ma non siamo pronti ( o piú pronti) ad accettare. Leggiamo indossando maschere, che sia per diletto, per rassicurarci, per celarci, per nasconderci.
      Tuttavia, fra una parola e l'altra, ad ogni capoverso o inizio pagina, fra le pieghe dell'incipit di un nuovo capitolo, in una risata virgolettata o nell'eco dei passi di notte per strada, si intravede sempre la nostra pelle nuda.
      Grazie, Titti.
      E.

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  2. grazie a te e a voi! perché non capita spesso che qualcuno creda tanto in te da "spingerti" a fermarti davanti allo specchio, quando in genere, passandoci davanti, non vedi l'ora di scappare via dalla tua immagine riflessa. ed è quando ti senti accolta, sentendo che ciò che di te stessa ti fa paura e quasi ti intimidisce e ti allontana, non fa lo stesso effetto a chi riesce a darti fiducia per guardare oltre, come fate voi, che puoi tirar fuori qualcosa da uno sguardo più intenso sulle rovine della tua vita. una prece :-D vi adoro :-P

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  3. il fatto che io sia emozionata per la tua risposta traspare distintamente dal pasticcio lessicale :-D. ridondanze di termini e tentativi patetici di sdrammatizzare. è tosta quando decidi che è ora di smettere di fare la scema, di nasconderti dietro le tue maschere rassicuranti, per dedicare un minuto di quello che sei davvero a qualcuno che, come te, non usa filtri per nascondere la sua capacità di emozionarsi. ti abbraccio forte

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  4. Emma, ho letto solo ora la tua risposta. uff, non c'è un servizio notifiche in pillole in questa farmacia??! :-P :-))
    che peccato non averla letta subito. è così bella. e ieri sera, provata, mentalmente ubriaca, ma contenta per essere riuscita a comunicare a voi, ma anche a me stessa, delle sensazioni e riflessioni su cui mi soffermo sempre troppo di sfuggita, per paura di sentire troppo, di scoprirmi troppo diversa da quello che ingenuamente mi sarebbe piaciuto essere, le tue parole sarebbero state in qualche modo un sollievo.sì, perché la consapevolezza fa male. almeno finché non smetti di dimenarti come una mosca in un barattolo nel tentativi di allontanare l'unica persona, tolti i numerosi strati di maschera, su cui dovresti davvero riuscire a contare. ma io non mi fido del mondo perché non mi fido di me. Le tue parole sono così eloquenti ed esaustive. E' esattamente ciò che penso anche io del rapporto con i libri, che sono solo incidentalmente "oggetti". Il termine stesso non gli rende giustizia. Sono mondi, realtà co-costruite, pezzi di sé, del rapporto di sé col gli altri. E quando ci sei dentro e li finisci, il confine tra te e loro è così sfumato, che ormai te li porti appresso sempre. Conserverò le vostre parole e le rileggerò ogni tanto, per ricordare che c'è un senso nel non-senso e che per alcune cose e persone vale davvero la pena. Grazie, davvero!

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    1. Titti c'è il servizio notifiche, selezionando sotto al commento a dx Inviami notifiche. Sul resto, mi prendo tempo.
      TVB
      Vale

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  5. toh, mo l'ho visto! :-)) <3 che shockata

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  6. Ci vuole Tempo per tutto. Anche per abituarsi a se stessi! ^_^
    E.

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