giovedì 24 aprile 2014

Bibliopillola 3 - Contro l'assenza


Su tutti i social, in questi giorni, è rimbalzata la notizia della scomparsa del grande Gabriel Garcia Marquez. Il tam tam mediatico ha contribuito ad un proliferare di necrologi, recensioni, testimonianze di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, almeno una volta nella vita, sono passati per Macondo. Che è però una città che non esiste, nata da quei contorti segni vergati da una penna (che in fortunati casi come questo si trasforma in bacchetta magica) che hanno fondato dal nulla un villaggio nel cuore della foresta colombiana.
Macondo è il mondo stesso, magico e amaro allo stesso tempo, contraddittorio, rigoglioso e arido, colorato e squallido,  una città di specchi fra i quali c’è un continuo rincorrersi fra ombre fiabesche e fantastiche e personaggi e situazioni fin troppo reali, fra spiriti di gente già vissuta e uomini che lottano in carne e ossa, una realtà a mezz'aria, insomma, sospesa, una bolla fluttuante al di sopra delle aspirazioni, dei sogni, delle delusioni dell'umanità.

Macondo è il luogo di nascita di chiunque ami leggere. A prescindere dal fatto che si sia mai letto Cent'anni di solitudine, romanzo controverso, amato e stroncato in ugual misura da quasi mezzo secolo. E se mi è venuta voglia di prescrivere questa generica bibliopillola, adatta un po' per chiunque legga, è proprio perché, appartenendo alla schiera di chi, ahimè, amava “Gabo”, ne sto patendo, appunto, la mancanza.

Non c’è più. Ha lasciato un’eredità immensa, e si potrà in qualunque momento aprire una qualsiasi delle sue molteplici traduzioni ed edizioni: per fortuna è stato uno scrittore prolifico.

Ma fare i conti con l’assenza è una condizione frequente (e dura) per chiunque.
Significa imparare ad accettare la mancanza; ad addomesticare il dolore; significa fissare muri bianchi, ascoltare silenzi molto, molto chiassosi, annaspare per carenza d’ossigeno. Si è privati di qualcuno, ti sottraggono qualcosa, solo tirando fuori unghie e denti ci si può mestamente crogiolare con i ricordi. Poi sbiadiscono anche quelli, perché la mancanza non è mai una perdita immediata, repentina e definitiva, no, anche se lo può sembrare in maniera drammaticamente scioccante. No.

Perdura. Un’assenza può persistere tutta la vita.

E’ come se ci si mettesse con rassegnata perseveranza a cancellare con un minuscolo cassino un’immagine disegnata su un’immensa lavagna.

Ecco, leggere è un rimedio. Lenisce. Supplisce. Crea mondi, vite, racconta di separazioni con le quali si può convivere. Riporta alla memoria, restituisce una nitidezza addolcita dalla condivisione, dalla consapevolezza.

E anche se fino a questo momento ho citato Cent'anni di solitudine, la bibliopillola che prescrivo contro l’assenza è pur sempre in memoria di Gabo, ma si tratta di L’amore ai tempi del colera. 
Perché racconta di un uomo che aspetta "cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese" per riunirsi alla donna che ha sempre amato. Una vita dedicata ad una mancanza, eppure vissuta, intensamente, a fondo, perché
"gli esseri umani non nascono sempre il giorno in cui le loro madri li danno alla luce, la vita li costringe ancora molte altre volte a partorirsi da sé."
Una vita comunque progettata, piena, una fede incrollabile che supera tutto, che aiuta a sopportare tutto.
"… lo spaventò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti."


Ecco, la bibliopillola contro l’assenza: la capacità di aspettarsi sempre di essere sorpresi dalla vita.


E a voi? Quale libro ha aiutato a superare, sopportare o supportare le personali assenze?

Vi aspettiamo
E&V

2 commenti:

  1. Grazie per questo regalo.
    Per una macondiana come me l'assenza di Gabo potrà essere colmata solo con le sue parole intrise di magia.

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  2. Peró mi piacerebbe sapere quale libro, se ti va di scriverne, ha colmato un'assenza... O almeno l'ha placata...

    RispondiElimina

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