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mercoledì 7 settembre 2016

Yeruldelgger, Ian Manook - Bugiardino dalla steppa


Lo confesso: la prima volta che l'ho visto ho immaginato una storia alla balla coi lupi, lenta, noiosa, lontanissima dal mio sentire (con tutto il rispetto per Kevin e i lupi), una cosa da maschioni solitari.
Sono contenta di essermi fatta ispirare dalle amiche perchè in Yeruldegger ho trovato, invece, innanzitutto dei personaggi femminili belli, forti, teneri e delicati e dei personaggi maschili che non occupano l'intero campo con la loro rudezza e machità, ma sono in grado di portare emozioni, tradizioni e anche lacrime.
È un bel giallo, prima di ogni altra cosa, ma è soprattutto un romanzo pieno di atmosfera ed emozione. Un'atmosfera nuova per me, quella della steppa mongola, che paradossalmente mi ha richiamato alla mente Garcia Marquez e la Allende per la presenza degli spiriti e della magia.
Un po' prevedibile per alcuni aspetti e con almeno uno dei personaggi che, mi è parso alla fine, è rimasto meno tratteggiato degli altri, ma, senza voler spoilerare, ho idea che sarà materia per il seguito della trilogia.

mercoledì 31 agosto 2016

La lettrice scomparsa, Fabio Stassi - Bugiardino estivo


Bugiardino estivo, per chi è ancora in vacanza e per chi è già rientrato e ha già pensieri autunnali.
-Tutti i libri che ha su quella parete, signor Corso: sono solo una collezione di voci. Scrivere è soltanto il primo modo che l'uomo ha inventato per registrarla, non crede?"
Fabio Stassi è stato a suo tempo il curatore dell'edizione italiana di Curarsi con i libri e si sente. Il curatore locale, in ognuna delle edizioni del libro ha partecipato mettendoci del suo per adattare i suggerimenti terapeutici al contesto letterario nazionale, sia attraverso le citazioni di testi in italiano, sia attraverso la citazione di testi di fama internazionale, ma ormai parte del patrimonio letterario nazionale.
Più di una volta ho avuto l'impressione che Stassi riprendesse suggerimenti già dati in curarsi con i libri per inserirli nella storia dandogli la nuova veste di parte di un racconto (per quanto sempre presentati come suggerimento letterario).
Vince arriva a fare il biblioterapeuta con un bagaglio di vita e letture che si scopre poco a poco, con la convinzione (peraltro negata più volte) di dover aiutare le persone con i suoi libri e l'inevitabile senso di fallimento che ogni terapeuta dell'anima sperimenta se prima non si fa una ragione del fatto che nessuno puó essere aiutato se non si aiuta da solo.
Nel complesso l'ho trovato a tratti presuntuoso, dall'alto delle sue citazioni e conoscenze letterarie e non so se è un problema del personaggio o dell'autore che non riesco più di tanto a separare dal libro al punto che, in certi momenti, tutte i personaggi mi son sembrati parlare con la stessa voce, quella di Stassi appunto (bellissima a tal proposito Lidia, attrice in tarda età dalla voce di ragazza con la paura di perdere con la vista anche le voci dei libri).
L'intrigo giallo passa assolutamente in secondo piano rispetto alle riflessioni sulla lettura ed alla curiosità di riconoscere le innumerevoli citazioni, il finale è meno scontato di quel che mi aspettavo ma mi ha lasciato la sensazione che, tra tutti i personaggi descritti, Stassi ne abbia saltato uno... ed in un libro dove è tanto presente il tema dell'assenza ho il sospetto che non sia un caso. A voi scoprire quale personaggio è mancato a me... magari a voi ne mancheranno altri...



martedì 16 agosto 2016

Bibliopillola n. 12: Per la vita in due (che da soli non può esser vissuta)

Sembrava una felicità, Jenny Offill, NNEditore

Delicato e fragile: i primi due aggettivi che vengono in mente per questo libro. Un filo di seta teso tra una vita e l'altra, parole come pezzi di vetro. Per una strana forma di pudore è difficile scriverne come si vorrebbe, accade quando certi libri sono più specchi rotti che carta e inchiostro. Paragrafi interi sottolineati; appunti a margine. Ogni rigo rivela la forza e la gracilità dell'amore, sia esso di coppia, coniugale, filiale. O per se stessi. Puó anche commuovere questa storia: che è una storia comune e banale di una qualsiasi donna (di un qualsiasi essere umano) che cerca di essere felice tra le vicende di una vita qualunque che inesorabilmente mortifica qualsiasi ambizione. Eppure il flusso di coscienza di questa prosa spezzata, pensieri sparsi, ricordi senza un ordine, zeppa di citazioni, curiosità, proverbi è la più difficile da scrivere delle trame: la vita di ognuno di noi. 
Che certe volte non sai se ce la fai; 
che però c'è anche il profumo dei capelli di una bambina; 
che non capisci e non ti capisci; 
che puoi essere stufo di ciò che possiedi ma immagina a perderlo; 
che non puoi sempre dare istruzioni alla testa e al cuore; 
che pensare prima di agire spesso è pensare INVECE di agire, ed è un difetto, non una virtù; 
che gridi di dolore se ti abbandonano, ma anche se abbandoni. 
Che scriviamo per chiudere gli occhi. 

Una scrittrice americana che insegna Scrittura e si occupa anche di saggistica; una mirabile traduzione della NNEditore. Una penna da seguire. 

Una volta un visitatore chiese al maestro zen Ikkyu di scrivere un distillato della massima saggezza. Lui scrisse una sola parola: Attenzione.
Il visitatore rimase deluso: "Solo questo?".
E così Ikkyu lo accontentó. Due parole.
Attenzione. Attenzione. 


lunedì 15 agosto 2016

Bugiardino di Ferragosto


La metà del Diavolo, Joseph Incardona

L'infatuazione per NNEditore continua: attratta dalla copertina, ho scoperto anche questo titolo e ancora una volta non delude. Si potrebbe dire un noir: ma non lo si può ingabbiare in una definizione di genere. Tutto il libro è uno spietato occhio di bue sul nocciolo duro della realtà, il luogo in cui si pensa solo a sopravvivere, dove solo la sofferenza legittima un'esistenza disincantata; i personaggi sono intrappolati in catastrofi collegate tra loro da un Male comune; hanno smesso da tempo di cercare un senso e di chiedersi perché, pensano solo al come districarsi in una vita nuda e cruda, sordida, brutale, spietata sia per le vittime che per i carnefici. La trama è avvincente, serrata, tessuta da una prosa che alterna periodi corti e cortissimi, incalzanti, a dialoghi stringati, pensieri veloci che si affastellano; 270 pagine che si leggono avidamente se non per fermarsi con l'affanno su pause marcate dense di riflessione. Si percorre come un'autostrada: che è l'ambientazione del romanzo, un tratto limitato da casello a casello, autogrill, aree di sosta, la sporca boscaglia al di là delle recinzioni metalliche, un'umanità frenetica e distratta che non si accorge del marcio che si porta dentro. 
Impossibile raccontare di più: le vite dei vari personaggi si intersecano intorno alla sparizione di una bambina. 
Joseph Incardona, l'autore per metà svizzero e per metà siciliano, è nato nel mondo del polar e ha inanellato una serie di premi letterari d'oltralpe: mi ha ricordato spesso Thomas Harris. 
Bella scoperta. Ottima lettura. 


lunedì 8 agosto 2016

L'uomo che cadde sulla Terra, Walter Tevis


Solitudini di tutti i pianeti: bugiardino cosmico.

"Non è necessario"
"Che cosa non è necessario?"
"Venire da Marte. Immagino c'è anche lei si sia sentito solo abbastanza spesso, dottor Bryce. E che si sia sentito alienato. E viene da Marte, lei?"
"Non credo"
"Da Philadelphia?"
Bryce sorrise. "Da Portsmouth, Ohio. Rispetto a qui, è più lontano di Marte"


I libri per caso. Quelli che cadono dalle mensole e ti chini per raccoglierli, quelli che ti regalano, quelli che sfili casualmente da uno scaffale in libreria. Quest'ultimo appartiene a questa classe. Un libro del 1963 sfegatatamente  caldeggiato dalla libraia amica fan di David Bowie (nella trasposizione cinematografica di questo romanzo è lui a interpretare il diafano personaggio principale). Mi ci sono avvicinata sospettosa per il timore fosse un racconto di fantascienza un pó datato, quindi scontato: invece si è rivelato una bella sorpresa, che azzarderei a definire un classico fuori da etichette di genere, forse uno di quei libri necessari, a prescindere. Dopo poche pagine ci si sente vicini al malinconico Newton, alla sua misteriosa storia, al suo esilio e al suo oscuro progetto. Una figura davvero unica, di sconcertante spessore, metafora  della condizione esistenziale dell'uomo moderno. La scrittura, potentemente descrittiva, disegna luoghi e paesaggi, evoca con precisione i tratti dei volti e dei gesti, racconta di un'America (quella immaginata è abbastanza fedele ai nostri reali  anni Ottanta) alle soglie di una indefinita catastrofe politica e civile, la vigilia di un conflitto inevitabile per l'ipotizzata estensione della guerra fredda (periodo in cui Tevis scriveva).  Spietata la critica all'ipocrita middle class americana, tanto fiera e sfacciata quanto in realtà sperduta e a disagio in un mondo del quale contribuisce  a creare la facciata ignorandone con cura i meccanismi più profondi. Originale anche il leit motiv che lega i tre personaggi principali, l'extraterrestre, la donna che casualmente (ma forse no) diventa la sua governante e l'ingegnere chimico che scopre la sua reale identità e la natura dell'immenso progetto al quale ambisce: la passione per l'alcool. La bottiglia di gin che solleva i loro animi tormentati dall'immensa tristezza che li accompagna e li accomuna diventa un salvagente, l'oblio che si concedono per sentirsi al sicuro quando il bisogno di sincerità, di essere se stessi emerge prepotente. Nonostante sin dalle prime pagine sia chiara l'aliena  provenienza del protagonista, lo sviluppo della trama riserva invece un finale niente affatto scontato e sicuramente toccante. 
Terminata l'ultima pagina si resta un pó attoniti, storditi dalla bruciante consapevolezza di una inesorabile alienazione, da noi stessi, dagli altri, dal mondo che viviamo. 
Siamo tutti marziani. 

"E tutt'a un tratto, guardando di nuovo la stanza con le grigie pareti anonime e l'arredamento banale, si sentì disgustato e stanco di quel posto dozzinale ed estraneo, dunque la cultura sfacciata, chiassosa, sensuale e priva di radici, di quell'aggregato di scimmie intelligenti, pruriginose ed egoiste, volgari e spensierate, mentre la loro effimera civiltà, come il ponte di Londra della canzoncina dei bambini, stava crollando, stava crollando insieme a tutti gli altri ponti".



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