mercoledì 7 settembre 2016

Yeruldelgger, Ian Manook - Bugiardino dalla steppa


Lo confesso: la prima volta che l'ho visto ho immaginato una storia alla balla coi lupi, lenta, noiosa, lontanissima dal mio sentire (con tutto il rispetto per Kevin e i lupi), una cosa da maschioni solitari.
Sono contenta di essermi fatta ispirare dalle amiche perchè in Yeruldegger ho trovato, invece, innanzitutto dei personaggi femminili belli, forti, teneri e delicati e dei personaggi maschili che non occupano l'intero campo con la loro rudezza e machità, ma sono in grado di portare emozioni, tradizioni e anche lacrime.
È un bel giallo, prima di ogni altra cosa, ma è soprattutto un romanzo pieno di atmosfera ed emozione. Un'atmosfera nuova per me, quella della steppa mongola, che paradossalmente mi ha richiamato alla mente Garcia Marquez e la Allende per la presenza degli spiriti e della magia.
Un po' prevedibile per alcuni aspetti e con almeno uno dei personaggi che, mi è parso alla fine, è rimasto meno tratteggiato degli altri, ma, senza voler spoilerare, ho idea che sarà materia per il seguito della trilogia.

giovedì 1 settembre 2016

Primo bugiardino di settembre

Un certo Lucas, Julio Cortázar, SUR

Bozzetti di vita disegnati dalla dissacrante penna di Cortazar, a rendere splendidamente letteraria la poco riverente quotidianità della vita di tutti i giorni. 
E’ la bacchetta del Mago ad attribuire unicità ed irripetibilità a gesti comuni, addirittura insulsi; solo lui poteva permettere l’irruzione dell’ovvio nell’invenzione artistica e trasformare semplici vignette di vita in bellissimi microracconti.  
Canzoni, ricordi, articoli di giornale; impressioni di un ristorante, di ospedali, storie d’amore, amici, gatti, metrò,  tutto diventa un gioco, talvolta divertente e ridanciano, talvolta esercizio di stile criptico e intellettualistico, ma sempre  spiazzante. 
Il suo scrivere è una dilatazione della realtà in pochissime righe che il lettore (ed è un compito faticoso) deve prima intravedere poi scoprire: il suo spagnolo è insofferente, cinico, disincantato, anche volgare e parla per immagini che si scoprono potenti metafore dei nostri limiti, delle nostre paure, delle nostre dipendenze. Ci costringe a metterci in discussione, lo si legge e rilegge con la fronte aggrottata, fino a che un sorriso spiana le rughe quando tutto torna al suo posto in uno sforzo di comprensione che è il fascino stesso della sua sperimentazione.  Chi lo affronta non è mai prigioniero delle sue parole, sembra quasi che lui ci possa guardare con un sorriso ironico piantato in mezzo al viso e l’eterna sigaretta in bocca, come a dire “vediamo come ne esci”. 
E ne esci rinfrancato, perché alla letteratura non occorre la solennità o la prosopopea; 
e ne esci deliziato dall’immensa bellezza che poche frasi possono svelare dal nulla. 

Si intravede, al di là delle sperimentazioni o del semplice gioco narrativo, anche un intento poetico, di quella poesia che solo la vita di tutti i giorni può restituire. 
Se si impara a coglierla, come fanno i “cacciatori di crepuscoli”.

Comunque, se fossi un cineasta, credo che mi arrangerei in modo da andare a caccia di crepuscoli, in realtà di un unico crepuscolo, solo che per arrivare al crepuscolo definitivo dovrei filmarne quaranta o cinquanta, perché se fossi un cineasta avrei le stesse esigenze che ho con le parole, le donne o la geopolitica. Non sono un cineasta e mi consolo immaginando il crepuscolo già catturato, che dorme nella sua lunghissima spirale in scatola. Il mio piano: non soltanto la caccia, ma la restituzione del crepuscolo ai miei simili che lo conoscono poco, voglio dire alla gente di città che vede tramontare il sole, se lo vede, dietro il palazzo delle poste, dietro gli appartamenti di fronte o in un suborizzonte di antenne televisive e lampioni.




Un libro per una serata

Poche righe per un gioiellino.

Il canto dell’Essere e dell’Apparire, Cees Nooteboom, Iperborea, 1981 


Un racconto lungo, meno di cento pagine: uno scrittore olandese assillato dal senso dello scrivere dà vita ad una storia che cresce insieme al suo tormento interiore. 
Una narrazione inconsueta che si svolge su due piani paralleli, la costruzione narrativa dello scrittore e le gesta dei tre personaggi da lui inventati. 
Amsterdam alla fine degli anni 80 e la Bulgaria di fine secolo. 
Due ambientazioni, due mondi (uno reale e uno fittizio) che immancabilmente finiscono con il sovrapporsi e fondersi: chi scrive lo fa per inventarsi la vita, inventare vite o credersi Demiurgo, finendo però per ritrovarsi invischiato in ciò che sta narrando, che si rinvigorisce, acquista concretezza, diventa talmente reale da influenzarlo prima e attrarlo dopo. 
I due piani si fondono e il finale è sorprendente.  
Splendida metafora del potere della scrittura: una forza vivificatrice che non sempre si riesce a dominare e che finisce col dominarci, rendendo indefinito il confine tra finzione e realtà.


Un autore contemporaneo sicuramente originale e prolifico le cui opere, romanzi, saggi e opere teatrali sono tradotte e pubblicate da Iperborea.

Bibliopillola n. 13: Per favorire l'uscita da Sè

Fisica della Malinconia, Georgi Gospodinov, Voland, 2011

Quanto ho rivissuto, con gli occhi del bambino senza età che attraversa le storie di questo libro. Quanto ho amato, mentre leggevo, quella dolcissima, invasiva malinconia che appartiene a chi prova ciò che provano gli altri. Non è un romanzo, né uno zibaldone; non è un diario né un racconto. E’ un tempo unico, nel quale si fondono passato, presente e futuro, e ci restituisce quella interiorità così vera da dover essere necessariamente cupa. Perché è coscienza del caduco, dell’effimero, di quella transitorietà che ci caratterizza. Eppure, eppure: non è un libro triste. Perché è proprio la nostra mortalità a farci amare appassionatamente la vita, a preferire il deperibile al duraturo. Una vita troppo corta, troppo ingiusta, troppo incomprensibile: troppo bella. Solo l’incantata condizione di un bambino, la sempiterna meraviglia della novità, può insegnare che in realtà viviamo un continuum che non dimentica mai tutte le scoperte, meravigliose e terribili, dell’infanzia.

Il protagonista, che ricorda, vive e progetta scrivendo fuori dal tempo, mischia tutto come se aprisse cassetti disordinati: ne viene fuori qualcosa di labirintico, e non è un caso che la figura portante di tutto il libro sia quella del Minotauro (uno dei primi ricordi dell’infanzia), il mito della diversità abbandonata, Teseo e Arianna e il filo che permette la salvezza. Il bambino nato nella Bulgaria della Guerra Fredda, poverissima e incatenata al mito comunista, inizia a dipanare la sua esistenza a partire da questa storia mitologica, che lo stravolge perché, per la prima volta, si immedesima in qualcuno di diverso da sé (e non smetterà mai più di farlo): un esserino mostruoso che per pagare la colpa della madre è rinchiuso in un buio labirinto e alla fine perfino ucciso. Rappresenta la prima proiezione fuori di sé della più antica delle paure, l’abbandono, la prima condivisione emozionale dell’infanzia, quel periodo in cui ci si prepara alla vita senza farne ancora davvero parte, invisibili agli adulti. L’unico periodo della vita in cui l’immortalità è davvero possibile. E poi prosegue una memoria storica che arriva ai giorni nostri, mescolando generi, inseguendo un Io che si impossessa anche dei ricordi di chi è intorno a lui pur di cercarsi, di definirsi, pur di vivere anche se occupando le esistenze degli altri. Invecchiando insieme alle gioie e ai dolori di un mondo intero assume la consapevolezza  di essere sempre e comunque vivo, anche se solo, disperato, povero, famoso, ricercato. Accumula amori, testimonianze, notizie, eventi, passa attraverso luoghi diversi, percorre un secolo continuando a raccontare, come Sharazad ne “Le mille e una notte”, per salvarsi la vita.


Il passato si distingue dal presente per un dato sostanziale – non scorre mai in una sola direzione. Da dove sono partito? Meno male che scrivo, altrimenti non sarei mai riuscito a trovare il bandolo della matassa.

Un’esistenza alla ricerca di una via d’uscita dal labirinto che sperimenta emozioni, sensazioni, stili: pagine divertenti, profonde, maliziose, in cui si parla di politica, morale, sesso, culture. Sempre appassionante, accattivante, scritto benissimo.

Un libro audace, una sfida a trovare, in quello che si prevede essere un autunno del mondo, il sublime in quel “Io Siamo” che è entrare nella pelle degli altri: ascoltando, soffrendo, amando. 







mercoledì 31 agosto 2016

La lettrice scomparsa, Fabio Stassi - Bugiardino estivo


Bugiardino estivo, per chi è ancora in vacanza e per chi è già rientrato e ha già pensieri autunnali.
-Tutti i libri che ha su quella parete, signor Corso: sono solo una collezione di voci. Scrivere è soltanto il primo modo che l'uomo ha inventato per registrarla, non crede?"
Fabio Stassi è stato a suo tempo il curatore dell'edizione italiana di Curarsi con i libri e si sente. Il curatore locale, in ognuna delle edizioni del libro ha partecipato mettendoci del suo per adattare i suggerimenti terapeutici al contesto letterario nazionale, sia attraverso le citazioni di testi in italiano, sia attraverso la citazione di testi di fama internazionale, ma ormai parte del patrimonio letterario nazionale.
Più di una volta ho avuto l'impressione che Stassi riprendesse suggerimenti già dati in curarsi con i libri per inserirli nella storia dandogli la nuova veste di parte di un racconto (per quanto sempre presentati come suggerimento letterario).
Vince arriva a fare il biblioterapeuta con un bagaglio di vita e letture che si scopre poco a poco, con la convinzione (peraltro negata più volte) di dover aiutare le persone con i suoi libri e l'inevitabile senso di fallimento che ogni terapeuta dell'anima sperimenta se prima non si fa una ragione del fatto che nessuno puó essere aiutato se non si aiuta da solo.
Nel complesso l'ho trovato a tratti presuntuoso, dall'alto delle sue citazioni e conoscenze letterarie e non so se è un problema del personaggio o dell'autore che non riesco più di tanto a separare dal libro al punto che, in certi momenti, tutte i personaggi mi son sembrati parlare con la stessa voce, quella di Stassi appunto (bellissima a tal proposito Lidia, attrice in tarda età dalla voce di ragazza con la paura di perdere con la vista anche le voci dei libri).
L'intrigo giallo passa assolutamente in secondo piano rispetto alle riflessioni sulla lettura ed alla curiosità di riconoscere le innumerevoli citazioni, il finale è meno scontato di quel che mi aspettavo ma mi ha lasciato la sensazione che, tra tutti i personaggi descritti, Stassi ne abbia saltato uno... ed in un libro dove è tanto presente il tema dell'assenza ho il sospetto che non sia un caso. A voi scoprire quale personaggio è mancato a me... magari a voi ne mancheranno altri...



venerdì 19 agosto 2016

Dell'importanza di giocare a Risiko



Poetico. Un universo di bambino che confina con una realtà dolorosa e amara; l'immaginazione che salva, l'inventarsi nomi e ruoli per dare un senso. 
Denso, pieno, colto: un libro scritto con un'ironia raffinata e che racconta come tutta la vita sia un Risiko in cui ció che conta è la capacità di adattamento, la tattica e la strategia: occupare Kamchatka, l'ultimo luogo della terra che rappresenta la strenua resistenza. 
Il gioco da tavolo e un libro che racconta la vita di Houdini (del quale assume l'identità) sono le bussole che permettono al piccolo protagonista di fuggire dalla trappola di una realtà mutata tragicamente all'improvviso e che gli toglie ogni quotidiano punto di riferimento. Studia per diventare "escapologo": si inventa un'avventura da vivere ma in realtà è una delle tante tragedie quotidiane delle famiglie desaparecidos nell'Argentina del 1976. Tutti i protagonisti sono escapologi loro malgrado: fuggono per salvarsi, e imparare a cambiare se stessi per scappare è la somma strategia. Un racconto pieno di musica e umorismo nonostante l'orrore, la storia di un bambino che insegna che passato, presente e futuro si legano insieme per permettere di superare le situazioni sospese, che ogni vita si innesta e si intreccia con tutte le vite di tutti gli individui del mondo e solo per questo, per quanto si soffra, merita d'essere vissuta e raccontata, perché le storie, al contrario degli uomini, non finiscono mai. 
Si sopravvive in loro. 
L'unico eroismo possibile sta nella capacità di trasformarsi: 

"Quando uno non puó fare altro, cambia". 

L'argentino Figueras, giornalista e reporter di guerra, ha scritto un libro con uno stile divertente e ironico senza mai essere incolore: anzi, le sue parole da bambino, le descrizioni stupite degli adulti e del loro mondo, sanno essere spesso emozionanti, a tratti toccanti. 

martedì 16 agosto 2016

Bibliopillola n. 12: Per la vita in due (che da soli non può esser vissuta)

Sembrava una felicità, Jenny Offill, NNEditore

Delicato e fragile: i primi due aggettivi che vengono in mente per questo libro. Un filo di seta teso tra una vita e l'altra, parole come pezzi di vetro. Per una strana forma di pudore è difficile scriverne come si vorrebbe, accade quando certi libri sono più specchi rotti che carta e inchiostro. Paragrafi interi sottolineati; appunti a margine. Ogni rigo rivela la forza e la gracilità dell'amore, sia esso di coppia, coniugale, filiale. O per se stessi. Puó anche commuovere questa storia: che è una storia comune e banale di una qualsiasi donna (di un qualsiasi essere umano) che cerca di essere felice tra le vicende di una vita qualunque che inesorabilmente mortifica qualsiasi ambizione. Eppure il flusso di coscienza di questa prosa spezzata, pensieri sparsi, ricordi senza un ordine, zeppa di citazioni, curiosità, proverbi è la più difficile da scrivere delle trame: la vita di ognuno di noi. 
Che certe volte non sai se ce la fai; 
che però c'è anche il profumo dei capelli di una bambina; 
che non capisci e non ti capisci; 
che puoi essere stufo di ciò che possiedi ma immagina a perderlo; 
che non puoi sempre dare istruzioni alla testa e al cuore; 
che pensare prima di agire spesso è pensare INVECE di agire, ed è un difetto, non una virtù; 
che gridi di dolore se ti abbandonano, ma anche se abbandoni. 
Che scriviamo per chiudere gli occhi. 

Una scrittrice americana che insegna Scrittura e si occupa anche di saggistica; una mirabile traduzione della NNEditore. Una penna da seguire. 

Una volta un visitatore chiese al maestro zen Ikkyu di scrivere un distillato della massima saggezza. Lui scrisse una sola parola: Attenzione.
Il visitatore rimase deluso: "Solo questo?".
E così Ikkyu lo accontentó. Due parole.
Attenzione. Attenzione. 


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.
Le informazioni contenute in questo blog, pur fornite in buona fede e ritenute accurate, potrebbero contenere inesattezze o essere viziate da errori tipografici. Gli autori si riservano pertanto il diritto di modificare, aggiornare o cancellare i contenuti del blog senza preavviso.
Gli autori non sono responsabili per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post. Verranno cancellati i commenti ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy e, in ogni caso, ritenuti inadatti ad insindacabile giudizio degli autori stessi.
Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimossi.
Gli autori del blog non sono responsabili dei siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.