domenica 11 maggio 2014

Bibliopillola n.6: Per le figlie che diventano madri

Mentre riflettevo sui post precedenti ho guardato il calendario e la ricorrenza odierna ha provocato un corto circuito. Ho pensato a quanti tipi di madre esistono: biologiche, genetiche o semplicemente donne che prestano cura, crescono, insegnano, sostengono, amano. Figli, alunni, pazienti, nipoti, bambini, adolescenti.
La radice sanscrita della parola madre ha il significato primario di "misurare, preparare, formare". Da questa deriva poi il termine matr (mater in latino), "colei che ordina e prepara". 
Appunto.
Qualche mia sinapsi attivandosi ha estratto da un cassetto encefalico una delle più belle figure di madre che appartengono alla letteratura (che ho letto):
Clara Del Valle Trueba. Una donna singolare, con un curioso rapporto con le parole e un mondo incantato che frequenta insieme alla sua stessa realtà; madre di Blanca, nonna di Alba. Tre nomi di luce, un inno alla trasparenza e alla chiarezza delle vite semplici ma non per questo superficiali o leggere.
Il libro è La casa degli Spiriti di Isabel Allende: una saga familiare raccontata attraverso tre generazioni di donne sudamericane dai primi decenni del secolo scorso fino alla guerra cilena. Non è un libro facile da descrivere, fosse pure per raccontarne la trama: va letto e basta. Clara, creatura delicata e potente, concreta ed eterea, racchiude in sé per elargirle a tutti coloro che la circondano quelle che a mio parere sono le tre doti fondamentali di qualsiasi tipo di madre:
Coraggio, per far da scudo e proteggere finché si impari a sopportare e tollerare da soli;
Amore incondizionato, perché solo questo fortifica;
Magia, per non perdere mai il sorriso, la curiosità, per non adattarsi mai a nulla di normale, per osare sempre e non rassegnarsi mai, per vivere in modo speciale anche le giornate più banali (la magia in realtà insegna che non esistono giornate banali), per credere sempre in qualcosa di più, di altro, di tanto certo quanto sfuggevole. Perché ogni madre è allo stesso tempo potente, istintuale, ma anche terrorizzata da paure, insicurezze, stereotipi. Perché non c'e niente di più realisticamente sovrannaturale della vita stessa.
[Clara] non credeva che il mondo fosse una Valle di lacrime, ma al contrario una burla di Dio, sicché era stupido prenderlo sul serio, se Lui stesso non lo faceva.


giovedì 8 maggio 2014

Bibliopillola n. 5 - Confezione famiglia



Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo
Iniziava in questo modo Tolstoj il suo racconto delle vicende familiari e romantiche di Anna Karenina e, pur portandomi dentro un pezzetto di Anna, concordo solo in parte con il punto di vista dell'Autore.
Perché, seppure convinta che ogni famiglia sia infelice a modo suo, sono altrettanto convinta che le famiglie felici siano semplicemente famiglie che hanno trovato la loro personale strategia per affrontare l'infelicità, fosse pure quella di negarla.
Il commento di Nina al post La cura di qualche giorno fa mi ha fatto riflettere parecchio: sull'utopia della famiglia mulinobianco, sull'estrema mobilità di quelli che ognuno di noi considera i confini della propria famiglia (dal nucleo minimo della coppia ad intere e vaste generazioni), sul fatto che molti di questi legami, imposti, finiscano spesso per appesantirsi di sensi di colpa, ricatti morali, dispetti e vendette che finiscono per trasformare le relazioni in catene e avvelenare quel poco di vita che abbiamo.
E alla fine del giro torno sempre lì: le aspettative. Quanto è enorme il bagaglio di cose che ci aspettiamo, desideriamo, vorremmo dagli altri.
... vorrei che mio padre mi avesse dato questo, che mia madre avesse fatto quest'altro, che i miei cugini fossero così o i miei fratelli cosà...
Sono le aspettative a rovinarci la vita. Non possiamo fare a meno di averne, ma se solo provassimo a vedere che sono "cosa nostra", parte di noi e non dell'altro, forse potremmo iniziare a vedere l'altro per quello che è: un essere umano, fallibile, imperfetto, tanto quanto noi, che non può fare a meno di essere quello che è. 
Anche se noi vorremmo qualcosa di diverso.
Un viaggio dentro se stessi complesso, lungo e difficile.

La letteratura è ricca di saghe familiari, perle di letteratura, a volte pesanti sia per peso cartaceo che per le vicende ed i temi narrati ed affrontati, ma per questa bibliopillola ho scelto una strada diversa, proprio con l'intento di alleggerire, di provare a spezzare qualche catena, o almeno provare a portarla con maggiore freschezza. Ho scelto un libro che si fonda sulla ricerca a tutti i costi di legami familiari che mostra alla fine che, a volte, questi legami... vabbeh! Un bicchier d'acqua e giù!

La bibliopillola n. 5, per Nina e per chiunque abbia una famiglia :D
Le luci nelle case degli altri, Chiara Gamberale

martedì 6 maggio 2014

Bibliopillola n. 4 - Pillola Rossa


In seguito alla pubblicazione del post precedente, al bancone sono arrivate alcune richieste. Alcune esplicite, altre meno. Ad ogni modo, il primo preparato é disponibile.
É una bibliopillola che serve a favorire un regolare ritorno a se stessi, che é il punto di partenza di ogni cura. E ci é stata suggerita da chi ha scritto che non trova spesso un libro adatto a sé. E nemmeno glielo regalano.
Abbiamo pensato che forse bisognerebbe cercare meglio: il che presuppone di sapere che cosa si sta cercando.
Abbiamo anche pensato che potrebbe essere necessario mostrare qualcosa di più di sé, agli altri, per diventare oggetto di cura.
Paradossalmente, mentre rimestavamo i nostri galenici, mi é venuto in mente, prima di un libro, un film.
"Immagino che in questo momento ti sentirai un po' come Alice, che ruzzola nella tana del bianconiglio [...] Hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede, solo perché aspetta di risvegliarsi! E curiosamente non sei lontano dalla verità [...] Dovrai scoprire con i tuoi occhi qual é. È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resta nel paese delle meraviglie e vedrai quant'é profonda la tana del bianconiglio!" 
Morpheus (Lawrence Fishburne), The Matrix, Andy e Larry Wachoski, USA, 1999
La citazione é Alice nel Paese delle Meraviglie, fiaba più che nota: ma la bibliopillola segue Lewis Carroll oltre, Attraverso lo specchio.

Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò è un romanzo fantastico del 1871 scritto dal matematico e scrittore inglese Charles Lutwidge Dodgson con lo pseudonimo di Lewis Carroll, come seguito de Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. Meno noto di quest'ultimo,  é un racconto complesso, zeppo di allusioni, citazioni, giochi di parole, riferimenti a proverbi, nonsense.
É la metafora fantastica di un viaggio alla ricerca di se stessi che si può compiere solo riflettendosi in qualcos'altro .... O qualcun altro.
Al di là dello specchio Alice trova tutti i personaggi delle sue filastrocche preferite, che riescono a prendere vita solo specularmente, al contrario, come tutto ciò che é riflesso. É una lettura surreale, a tratti assurda, ma insegna che bisogna essere disposti a rovesciarsi per comprendersi. Ad attraversare la superficie liscia che contorna la nostra realtà. Quando si torna indietro, ci si conosce un po' di più e questo sicuramente può servire a guardare (e guardarsi) diversamente (ne)gli occhi degli altri.

domenica 4 maggio 2014

La Cura

Riflettevo sulla Cura.
Interessamento solerte e premuroso che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività. Così chiosa il vocabolario Treccani. 
Provvedere alle necessità e alla conservazione di qualcuno. 
Prestare riguardo e attenzione, impegno, zelo e diligenza
Quante parole belle: suoni che evocano, se li ripeti scandendoli sillaba per sillaba visualizzi una casa, un fuoco acceso e una coperta rimboccata, un sorriso, un abbraccio, un regalo, una stretta forte, un riparo. Ma constato con riluttante amarezza che abbiamo imparato ad accontentarci della loro eco. Abbiamo dismesso i panni di chi si adopera, si fa carico, si occupa dei propri cari: é qualcosa che richiede fatica, vera, fisica, ma anche applicazione, concentrazione, meticolositá. Non sappiamo più stare attenti alle persone che ci circondano e alle quali teniamo: diamo tragicamente per scontata la loro benevolenza, oltre che la loro presenza.  Riteniamo che una volta allacciati, i legami si tengano annodati da sé per sempre. Smettiamo di sforzarci, dimenticando che tenere a qualcuno é un impegno costante. Dovremmo anzitutto tornare ad osservare: non ci accorgiamo più di come vediamo le persone intorno a noi, dei loro gesti, delle espressioni, dei cenni. Non le ascoltiamo perché non parliamo, ci limitiamo a scambiare informazioni. Finiamo a poco a poco con il frequentarle a margine, con il vivere alle loro periferie. 
La Cura é uno dei motivi per cui mi ritrovo dietro questo bancone. Scegliere un libro per qualcuno é un atto forte di premura, un onere che richiede impegno e attenzione, significa dedicargli del tempo perché stia meglio grazie a noi. É un atto d'affetto. Una 'terapia' così come la intendeva Ippocrate: il padre della medicina sosteneva che questa consistesse tanto nel tocco, quanto nel rimedio e infine nella stessa parola: una pacca sulla spalla, un tazza di cioccolata calda e un discorso serio fra amici. Anche da leggere. 

E.

giovedì 24 aprile 2014

Bibliopillola 3 - Contro l'assenza


Su tutti i social, in questi giorni, è rimbalzata la notizia della scomparsa del grande Gabriel Garcia Marquez. Il tam tam mediatico ha contribuito ad un proliferare di necrologi, recensioni, testimonianze di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, almeno una volta nella vita, sono passati per Macondo. Che è però una città che non esiste, nata da quei contorti segni vergati da una penna (che in fortunati casi come questo si trasforma in bacchetta magica) che hanno fondato dal nulla un villaggio nel cuore della foresta colombiana.
Macondo è il mondo stesso, magico e amaro allo stesso tempo, contraddittorio, rigoglioso e arido, colorato e squallido,  una città di specchi fra i quali c’è un continuo rincorrersi fra ombre fiabesche e fantastiche e personaggi e situazioni fin troppo reali, fra spiriti di gente già vissuta e uomini che lottano in carne e ossa, una realtà a mezz'aria, insomma, sospesa, una bolla fluttuante al di sopra delle aspirazioni, dei sogni, delle delusioni dell'umanità.

Macondo è il luogo di nascita di chiunque ami leggere. A prescindere dal fatto che si sia mai letto Cent'anni di solitudine, romanzo controverso, amato e stroncato in ugual misura da quasi mezzo secolo. E se mi è venuta voglia di prescrivere questa generica bibliopillola, adatta un po' per chiunque legga, è proprio perché, appartenendo alla schiera di chi, ahimè, amava “Gabo”, ne sto patendo, appunto, la mancanza.

mercoledì 16 aprile 2014

Bibliopillola n. 2 - Contro l'Etá della Ragione


Questa prescrizione riguarda un terribile equivoco nel quale molto facilmente si inciampa.
Le pagine dei libri possono rappresentare una sorta di filo di Arianna per trovare l'uscita da labirinti esistenziali.
È vero, abbiamo inaugurato questa farmacia anche perché lo pensiamo.
Ma ci si deve intendere bene: se srotolando il suddetto filo cominciamo ad orientarci e ad acquisire familiarità con quel tracciato apparentemente inestricabile di strade, allora ha giá funzionato. Non é detto che si trovi l'uscita; nei labirinti medievali spesso questa coincideva con il punto di partenza. Probabilmente dobbiamo continuare a camminare per irrobustirci: per comprendere che ció che sembra contorto é semplicemente ciò che siamo, ma non siamo ancora pronti (o piú pronti) ad accettare. Ci rimproveriamo di non esser sufficientemente bravi a trovare l'uscita; o di non averne piú la forza o peggio ancora la volontà. Ci rimproveriamo, o ci rimproverano, di essere coscienze smarrite.
Ma forse occorre proprio fare i conti con questo eterno errare dentro e fuori noi stessi.
"Ma vecchio mio, guardati un poco: hai trentaquattro anni, i capelli ti si stanno diradando, non hai più niente di un giovanottello, e la vita di bohéme non è più per te. E poi, si può sapere cos'è, la bohème? Era molto carina cento anni fa, ma adesso è un pugno di spostati che non rappresentano un pericolo per nessuno e che hanno perso il treno.
Tu hai l'età della ragione, Matteo, l'età della ragione, o almeno dovresti averla"
"Bah!" disse Matteo "quella che tu chiami l'età della ragione non è altro che l'età della rassegnazione, e io non ci tengo affatto".
Questa bibliopillola è per Titti che ha commentato quanto male possa fare la consapevolezza: perché non è detto che essa debba necessariamente coincidere o con la ragione o con la rassegnazione.

Jean Paul Sartre, L'etá della ragione, Bompiani, 2009




sabato 12 aprile 2014

Il diritto di amare (e non amare)

"Ho cominciato la mia vita come senza dubbio la terminerò: tra i libri. Nell'ufficio di mio nonno ce n'era dappertutto; era fatto divieto di spolverarli, tranne una volta all'anno, prima della riapertura delle scuole. Non sapevo ancora leggere, ma già le riverivo queste pietre fitte: ritte o inclinate, strette come mattoni sui ripiani della libreria o nobilmente spaziate in viali di menhir..." Le parole, JP Sartre
Ci piace vincere facile, a noi lettori dal DNA tarato, a noi che in mezzo ai libri ci siamo nati, a noi che per quanto andiamo avanti o indietro con la mente non riusciamo a pensare un solo giorno della nostra vita senza libri. Ci piace raccontarcela tra di noi, parlare di libri che abbiamo condiviso con altri o che possiamo consigliare sapendo che saranno apprezzati; ci piace, quasi, immaginarci con la vista consumata da parole stampate o digitalmente visualizzate a rinunciare alla salute degli occhi piuttosto che all'ennesima pagina.
E ci piace pensare di averla nel sangue questa passione, e che sia nata così.
Eppure chi di noi ha dei figli non può non pensare, con un deciso tremolio del cuore, che gli eredi potrebbero, addirittura! magari!, crescere senza amare la lettura, senza nascondersi con una lampada sotto al piumone per finire le pagine del momento.
Eppure qualcuno, sarei pronta a giurarlo, con la passione per la lettura non ci è nato e ricorda esattamente il momento in cui questo amore è nato: può essere stata la prescrizione di un professore, il regalo di un amico, la folgorazione di una mattina per sbaglio in libreria.

Io, ad esempio, ci sono cresciuta, tra i libri. Sono nata da un padre che a dodici anni se lo mandavano a prendere il latte, prendeva poi anche i rimproveri per i ritardi ed in ritardo arrivava perché, per quanto corresse forte, non riusciva a trattenersi dal leggere qualunque cosa trovasse per strada. Quello stesso padre, nella nostra prima, piccolissima, casa aveva riempito ogni angolo dei suoi libri: li trovavo sopra e dentro il mio comodino, nella nostra libreria di bimbe, nelle vetrinette del soggiorno al posto di ninnoli e bomboniere. Ho imparato a leggere sulle sue ginocchia sbirciando l'immancabile quotidiano.

Ecco, oggi, vorrei ascoltare un po' di storie così. Come siete nati lettori? O come siete diventati, o rimasti, dei non lettori. O con chi avete tentato strategie di seduzione che facessero fiorire l'amore per la lettura come colpi di fulmine in primavera. E ci siete riusciti?

Personalmente penso che l'amore, in assoluto ed in particolare per i libri, non si possa insegnare. L'amore è un sentimento, è naturale o semplicemente non è.
E allora? Possiamo trovare un filo comune nelle varie esperienze di nascita? 

Vi aspetto.

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